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giovedì 15 maggio 2025
 

Un mondo in subbuglio di fronte al rischio di una guerra totale

Caro don Stefano, ciò che stiamo vivendo in questi mesi è paragonabile alla situazione di un gruppo di uomini a bordo di una canoa, improvvisamente presa dalle rapide. Mentre l’imbarcazione scivola di balzo in balzo,nessuno sa se essa riuscirà a planare su una spiaggia sabbiosa o se andrà a sfracellarsi contro un macigno. Fuor di metafora, l’inizio delle rapide porta una data: l’11 settembre 2001.Di fronte allo spettacolo delle due torri che implodevano a terra, abbiamo compreso di trovarci di fronte a una svolta della storia. Poi è venuta la crisi economica, frutto dell’insipienza degli esperti della finanza statunitense (2007). Quindi il Covid, non si sa se figlio della sporcizia o della distrazione dei ricercatori (2020). Infine la guerra, prodotto della mistica della Santa Russia e della follia di un dittatore (24 febbraio 2022). Ora, dopo otto mesi, il quadro è più che mai fluido. Da un lato la guerra sembrerebbe giunta al termine, dal momento che l’Ucraina, grazie alle armi dell’Occidente, ha riconquistato quel terzo di territorio economicamente avanzato che la Russia le aveva strappato. Dall’altro, è chiaro che Putin non getterà la spugna e giocherà tutte le carte, comprese quelle estreme. Ma ciò che preoccupa è la rassegnazione degli Stati europei alla logica della guerra.Pochi si adoperano veramente per una soluzione diplomatica e chi lo fa (il Papa, Macron, Erdogan, Draghi) finora non ha ottenuto effetti. Ha ancora valore la massima del sociologo francese Raymond Aron secondo il quale, in epoca nucleare, la pace è impossibile ma anche la guerra lo è, dal momento che la logica della deterrenza reciproca, provvede da sola a fermare le parti in conflitto? Stando alla cronaca sembrerebbe di no. Quando gli arsenali sono colmi di armi nucleari e anche gli Stati più piccoli le possiedono, quando un capo di stato come Putin minaccia ogni giorno di usarle, quando un missile è lanciato, quasi per gioco, dalla Corea del Nord sul Giappone... allora, c’è poco da star tranquilli. Se poi guardiamo all’Europa, già disunita nella stagione del Covid e ora, di fronte alla crisi energetica causata da Putin, anziché mostrarsi solidale attraversata da una cinica febbre di profitto, allora si comincia a cogliere la gravità del quadro. Certo, si dice, di fronte a una nazione brutalmente aggredita, qual è l’Ucraina, l’Occidente non poteva rimanere neutrale. Ha fatto bene, si conclude, ad aiutare la vittima e a punire l’aggressore. Se non lo avesse fatto avrebbe ripetuto l’errore fatto dagli stati democratici con Hitler nel 1939. Così, nel febbraio scorso, il mondo si è diviso, ancora una volta, in due schieramenti: gli Stati democratici contro gli Stati autoritari. Ma a quale prezzo? Probabilmente nei prossimi mesi capiremo meglio se l’atteggiamento dell’Occidente è quello giusto. Oppure, se il rischio scaturito dall’isolamento di Putin e dalle sanzioni decretate contro di lui sopravanza di gran lunga i benefici ottenuti. Per il momento il quadro è di una guerra dalle conseguenze imprevedibili, voluta soprattutto da Russia ed America, sopra la testa degli Europei. LUCIANO VERDONE caro Luciano, la tua descrizione della situazione geopolitica mette a nudo l’estrema complessità della situazione di questo mondo in grande subbuglio, in cui si intrecciano molti aspetti che non possono essere considerati singolarmente e che ci dicono che siamo di fronte al rischio di una guerra “totale”, che è un altro modo per dire “mondiale”. La diatriba tra Russia e Stati Uniti riguarda in qualche modo l’egemonia globale, soprattutto il diritto della prima di sedersi al tavolo dei “grandi”, dopo la sua progressiva marginalizzazione seguita alla caduta dell’Unione Sovietica. Il metodo scelto da Putin di invadere l’Ucraina con il suo esercito ha messo le altre nazioni, soprattutto occidentali, di fronte al rischio di ripetere l’errore da loro commesso alla conferenza di Monaco (settembre 1938) quando, in nome dell’“appeasement”, indulsero verso le pretese di Hitler sulla terra dei Sudeti, di fatto incoraggiandolo a invadere la Polonia l’anno successivo e a dar così fuoco alle polveri per l’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Oggi la situazione sul campo di battaglia, in rapida evoluzione e dagli esiti imprevedibili, è collegata strettamente alla “guerra dell’energia”, che apre scenari sociali in tutta Europa a oggi imponderabili, con molte aziende che sono a rischio chiusura per il prezzo dell’energia elettrica e del gas, senza che i Paesi europei riescano ad accordarsi su un “price cap”, cioè un prezzo calmierato, e con alcuni (leggi Germania) che procedono con decisioni unilaterali. Tra i leader mondiali che lavorano per la pace metterei al primo posto papa Francesco. Nell’intervista esclusiva al cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, che pubblichiamo in questo numero a pagina 24, egli lo descrive come la “voce di colui che grida nel deserto”. Nell’Angelus di domenica 2 ottobre il Pontefice ha lanciato un potente appello di pace a tutte le parti in guerra, affermando con rara veemenza – tono che denuncia tutta la gravità della situazione – che la pace si costruisce non con le armi del più forte ma con la giustizia e il diritto; e che non c’è giustizia senza perdono. Parole forti, che si scontrano con la preoccupante escalation militare in atto. Lo stesso tono forte Francesco ha usato domenica 9 ottobre, in occasione della canonizzazione di Scalabrini e Zatti, per condannare lo sfruttamento e la mancanza di accoglienza nei confronti dei migranti, definendola «schifosa e criminale». Dio non voglia che Putin arrivi a scaricare l’ordigno nucleare, seppure “solo” tattico (cioè con esiti devastanti ma ter- ritorialmente limitati), perché sarebbe il superamento di una barriera anche psicologica che non si sa dove porterebbe l’umanità intera. Al momento, al di là di tutti questi ragionamenti, credo che l’unica cosa sensata la suggerisca la Chiesa con le parole del Cardinale Parolin: «Solo una tregua può salvarci». Solo dopo ci si potrà sedere al tavolo e discutere


29 novembre 2022

 
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