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mercoledì 23 aprile 2025
 

Un po' più di umanità anche in chiesa

Le scrivo queste poche righe, dettate dalla rabbia e dallo sconforto nei confronti di un sacerdote. All’inizio di gennaio, il mio povero cognato è morto di infarto, lasciando noi parenti sconvolti nel dolore. Il giorno del funerale, abbiamo chiesto di poter leggere due parole dall’altare, in memoria del nostro caro. La risposta del parroco è stata dura e irremovibile. Per non creare un precedente. «Se volete», ci ha detto, «potete farlo, ma fuori della chiesa, dopo la funzione». Mi chiedo: perché altrove è permesso? Quali criteri si seguono? Perché ci è stato proibito di dare un ultimo saluto all’uomo, al padre, all’amico che non rivedremo più? Finita la cerimonia, il parroco si è defilato velocemente in sacrestia, senza neanche un breve saluto alla vedova e ai figli. Ho sempre meno fiducia negli uomini. Anche quelli di Chiesa. 

                                                                                                                              Rocco C.

L’assenza di umanità in circostanze particolari come la morte di un familiare è davvero scoraggiante. È triste leggere una lettera come questa. Basterebbe davvero poco, un saluto e un po’ di cortesia, per alleviare la sofferenza di chi ha subìto il trauma di una perdita. Quei parenti non avevano chiesto di fare una sceneggiata in chiesa, ma di dare un saluto al proprio caro. Non credo volessero mettersi in mostra o esibirsi. Visto come sono andate le cose, immagino che anche la celebrazione sia stata del tutto anonima, senza calore e partecipazione. Peccato, così viene meno il conforto spirituale della fede e della liturgia. Se in chiesa burocratizziamo anche la morte, forse è perché abbiamo cristallizzato il Vangelo.


25 gennaio 2012

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