Ho pensato a questa preghiera dei fedeli da proporre durante le Messe: «Perché il Signore tocchi il cuore e la mente di potenti, governanti e indif-ferenti di fronte ai drammi dell’umanità. No alle guerre, alle uccisioni, alle distruzioni. No agli enormi sprechi di armamenti militari, nucleari, spaziali».Queste rinunce sarebbero ampia-mente suf cienti per nanziare in alternativa progetti multinazionali di ricostruzione, risanamento e lavoro nel mondo. Altre parole si possono aggiungere, ma almeno quelle che ho evidenziato potrebbero essere usate nelle Messe celebrate in basiliche e cattedrali, per arrivare meglio alle orecchie (e ai cuori) di “potenti”, governanti e politici.Perché dovremmo lasciare che siano solo il Papa, le riviste missionarie e gli istituti di carità a dire queste cose? Io ricevo richieste di aiuto per le persone povere e bisognose da vari istituti di carità e assistenza. Ma non posso aiutare tutti né oltre una certa misura, concordata con i miei familiari. ALESSANDRO
Grazie per questo suggerimento. Non è detto che i “potenti” siano convinti da una preghiera proclamata in una cattedrale. Sempre che partecipino alla Messa. Noi crediamo però che il Signore può toccare il cuore di tutti e ab-biamo grande fiducia nella potenza della preghiera.
A dire il vero, è già previsto dall’Ordinamento generale del Messale romano che nella preghiera uni-versale (o dei fedeli) si elevino suppliche Quanto è felice la mirabile intuizione di chi affermava che «noi moriamo appunto quando impariamo a vivere». Né è possibile, a mio parere, per quanta saggezza possa sprigio-nare dall’uomo, imparare a vivere prima. Per lo meno, per apprezzare la vita, sarebbe necessaria quella impossibile esigenza che Goncourt chiamò «Le besoin de mourir un peu» (il bisogno di morire un po’).
E invece viviamo i nostri giorni con la tron a erezza dell’immortalità, quasi fos-se, la nostra immagine, forgiata nella roccia che non teme il tempo. Spendiamo la vita nel trionfo egoistico e nella povertà dell’«io» sen-za attingere alla ricchezza del «noi», in una gara dura di reciproci colpi bassi, sempre tesa nello spasimo della supremazia, sempre più vuota di sen-timenti umani; come se nelle nostre mani potessero convergere le sorti di cielo, mare e terra. Nessuno vive nel-la sua autentica dimensione carnale: ognuno sembra vivere come fuso in una colata di acciaio, più temprata e inscal bile delle altre. Fin quando... qui a sinistra, in petto, il grande tiran-no che sempre decide per ultimo e mai ritorna su ciò che ha deciso, non stacca la spina. Basta così un otto interrot-to, un battito che diserta, a dissolvere quel vanesio “belletto” nel pulviscolo dei tempi.EDGARDO GRILLO
Reverendo don Antonio Rizzolo, ho 85 anni compiuti da poco e ho insegnato materie giuridiche ed economiche nella scuola media su-periore statale. Leggo Famiglia Cri-stiana da una vita e da anni ormai ne sono anche abbonato. Mi ha colpito l’articolo della signora Maddalena alla pagina 7 del n. 38 e ho deciso di inviarle queste mie parole circa le campane. Chissà che in “due per ora” non si possa riaprire una pista tanto cara agli adulti e magari gradita an-che ai giovani e ai bambini.Ecco il testo che ho intitolato “Rintocchi lontani”: «Quando l’alba mette in fuga le ultime ombre della notte, graditi alle mie orecchie voi giungete, dolci rintocchi. Sembra che veniate da molto lontano, ad annun-ciare la buona novella ed il mistero arcano. Così, trasportati sulle ali del vento, voi ricordate a tutti il lieto avvenimento, e penetrando dolce-mente in ogni cuore voi intenerite il giusto e il peccatore. Quanto mi siete cari, dolci rintocchi della chiesa del Gesù! Venite! Venite a portare il buon mattino, il mattino della vita, che non tramonta più».PASQUALE
Il suono delle campane richiama forse il passato, ma è ancora attuale, perfino utile, soprattutto nei piccoli paesi. Nelle città troppi altri rumori rendono difcile udire questa musica. Qualcuno, anzi, trova fastidiosi i loro rintocchi. Anche se gli allarmi che esplodono improvvisi disturbano molto di più. Le campane richiamano comun-que tanti momenti della vita, dalla na-scita no all’ingresso in quella che non tramonta più.Non so se ho capito bene il tuo pensiero, caro Edgardo. Mi pare più corretto dire che si vive quando si impara a morire. Quando, cioè, ci si ren-de conto del tempo che passa e di ciò che dobbiamo lasciare. Sempre, anche prima della morte, c’è qualcosa che viene meno, a causa magari della malattia o della vecchiaia. Accettare serenamente questa condizione limitata della nostra esistenza ci aiuta ad essere più sereni e a valorizzare fino in fondo quello che abbiamo,anche la semplice gioia di un incontro, la bellezza della natura, la pace nel cuore che viene dal bene compiuto.Noi cristiani, tuttavia, possiamo avere una marcia in più. Noi viviamo «sub specie aeternitatis», come insegna la teologia scolastica, cioè considerando le realtà del mondo dal punto di vista dell’eternità. E allora ci rendiamo conto che tante cose per cui ci arrabbiamo, ci scoraggiamo, ci sentiamo delusi e amareggiati, di fronte all’eternità non sono nulla. Come diceva san Giovanni della Croce, «alla sera della vita saremo giudicati sull’amore». Null’altro conta. Lo ha scritto in un foglietto trovato nel suo breviario santa Teresa d’Avila: « Nulla ti turbi / nulla ti spaventi / tutto passa / Dio non muta / tutto ottiene / la pa-zienza / a chi Dio possiede / nulla man-ca. / Dio solo basta». Egli non è un tiranno, ma un Padre che ci ama e ci aspetta a braccia aperte.Se il “grande tiranno” stacca la spinaI rintocchi delle campane.
Proposta di preghiera nelle Messea Dio per i governanti. Riporto quanto si legge nei numeri 69 e 70, invitando le assemblee liturgiche a valorizzare questo momento della Messa. «È conveniente che nelle Messe con partecipazione di popolo vi sia normalmente questa preghiera, nella quale si elevino suppliche per la santa Chiesa, per i governanti, per coloro che portano il peso di varie necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo. La successione delle intenzioni sia ordinariamente questa: a) per le necessità della Chiesa; b) per i governanti e per la salvezza di tutto il mondo; c) per quelli che si trovano in difficoltà; d) per la comunità locale».