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lunedì 12 maggio 2025
 
Rito romano Aggiornamenti rss don Gianni Carozza

V Domenica di Quaresima - 21 marzo 2021

Il pane della Messa, sacramento di vita

 

«È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna». Giovanni 12,20-33

 

La Bibbia e i Vangeli sono pieni di immagini prese dal mondo agricolo. Insieme al padre misericordioso, il figliol prodigo e il buon samaritano, abbiamo anche i gigli del campo, i passeri e il chicco di grano. La commedia umana è troppo piccola per rappresentare la commedia divina della Scrittura, che ha bisogno anche di personaggi tratti dalla natura, perché la fraternità umana è insufficiente se non abbraccia tutta la creazione e se la fraternità cosmica non abbraccia la nostra.

A volte facciamo fatica a comprendere la Trinità e la resurrezione della carne, ma tutti conosciamo e capiamo – o almeno conoscevamo e capivamo fino a ieri – la morte e la resurrezione del chicco di grano. Il primo catechismo di molti uomini e donne è stato quello del grano e della vigna, dei gigli e dei passeri, che ci hanno insegnato il Vangelo e la sua legge diversa, come e forse più delle Lettere di Paolo e di Giovanni. San Francesco tutto questo lo sapeva molto bene.

E lo sapeva anche la cultura agricola dell’Europa, che, come ci ha insegnato il grande antropologo Ernesto de Martino, conosceva bene il linguaggio spirituale dei campi e dei raccolti. Conosceva e recitava i canti di lutto per l’ultimo covone, quando i contadini, piangendo, chiedevano perdono ai covoni di grano per doverli “uccidere” per mangiarli e nutrirsi, e poi li pregavano di “risorgere” ancora nella nuova stagione. In alcune culture del Nord si inumava l’ultimo covone, si recitava il Credo e si attendeva che “risorgesse”.

Le prime intuizioni di una vita che poteva continuare oltre la sua morte naturale, gli esseri umani l’hanno imparata dal ciclo di morte-resurrezione dei campi. Quando, mentre vedevano che la luna muore e poi risorge, che il sole muore e poi risorge, qualcuno iniziò a pensare che forse anche l’uomo poteva fare altrettanto, oltre l’apparenza che portava a negare per gli esseri umani ciò che era vero per luna e sole. Gesù e la Chiesa ce lo hanno rivelato, ma gli uomini lo avevano già intuito, perché se non lo avessero intuito un poco non avremmo potuto capire un giorno l’annuncio di quella risurrezione diversa.

 

PREGHIERE CONTADINE.

Alcuni Padri della Chiesa e molti vescovi hanno continuato per secoli a recitare queste preghiere naturali e contadine, intrecciandole con quelle cristiane, senza perdere nulla della novità e ortodossia del messaggio cristiano. Come quel Credo alto-tedesco del XIII secolo: «Cristo fu seminato dal Creatore, germogliò, venne a maturazione, fu mietuto, legato in un covone, trasportato nell’aia, trebbiato, vagliato, macinato, chiuso nel forno, e in ne dopo tre giorni tratto fuori e mangiato come pane».

Non sarà perfetta teologia, ma è preghiera splendida e vera come la nostra gente povera delle campagne; che non conosceva i dogmi, ma quando riceveva la Comunione sapeva che il pane diverso della Messa poteva diventare sacramento perché era già “sacramento” quotidiano di vita e di morte. E così nelle feste si accostava alla Comunione con una densità esistenziale che io spero di ritrovare un giorno, fosse anche l’ultimo.


18 marzo 2021

 
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