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giovedì 22 maggio 2025
 

VIII dopo Pentecoste -26 luglio

Un tema molto presente nella Scrittura è quello della chiamata, cioè del momento in cui qualcuno percepisce la voce di Dio che chiama a una vocazione particolare.

La liturgia di questa domenica ci presenta anzitutto la chiamata del giovane Samuele, destinato a diventare un punto di riferimento per il popolo di Israele. La sua stessa nascita era stata frutto di un intervento divino, sua madre Anna infatti lo aveva a lungo desiderato es- sendo sterile, e infine questo figlio era arrivato, e sua madre lo aveva promesso a Dio. Così una notte Samuele, ancora all’inizio della sua adolescenza, presso il tempio di Silo si sente chiamare per nome. Alzatosi, si reca dall’anziano sacerdote Eli scoprendo però che non era lui a chiamarlo; la scena si ripete per tre volte, a quel punto Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”».

Il racconto è molto suggestivo, ma indica alcuni elementi chiave della vocazione cristiana: è Dio che prende l’iniziativa, Samuele infatti non è neppure in grado di comprendere ciò che sta accadendo. Dio lo chiama per nome, dunque lo conosce personalmente, così anche per tutti noi, la nostra stessa vita è conosciuta, amata e chiamata a mettersi in gioco con il Signore. Infine c’è l’intervento di Eli, cioè la presenza di qualcuno che aiuta il giovane Samuele a interpretare ciò che sta accadendo e che lo accompagna nel discernere la chiamata di Dio.

Il Vangelo a sua volta contiene un altro racconto di chiamata, precisamente quella dei primi quattro discepoli di Gesù che, dalla riva del lago di Tiberiade, iniziano il loro cammino di discepoli e apostoli. L’invito di Gesù, è molto chiaro e diretto: «Seguitemi», cioè la chiamata non è anzitutto per compiere un’impresa ma a seguire qualcuno e, provocatoriamente, a “cambiare lavoro”, «vi farò pescatori di uomini». Sappiamo bene cosa questo significherà, ma non lo sanno ancora Simone e Andrea, neppure Giacomo e Giovanni che, fidandosi di quell’invito, immediatamente seguono un maestro autorevole, ma ancora sconosciuto: «Ed essi su- bito, lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono».

Infine, nella Lettera agli Efesini, san Paolo ci parla della sua stessa vocazione come apostolo «delle genti», cioè di coloro che provengono dal mondo pagano; di se stesso dice infatti: «A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio». Anche san Paolo dunque ha ricevuto la chiamata a diventare discepolo del Signore e insieme a diventare apostolo del Vangelo.

E dentro la chiamata di san Paolo ci siamo anche tutti noi, che siamo parte di quelle “genti” a cui è destinato il Vangelo. Anche per tutti noi dunque, c’è una chiamata a diventare discepoli del Signore e a entrare nella grande avventura dell’annuncio del Vangelo, ciascuno secondo la propria personale vocazione.


23 luglio 2020

 
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