«Una pastorale nel mondo
digitale è chiamata a tener conto anche di coloro che non credono, sono caduti nello sconforto e coltivano nel cuore il desiderio di assoluto e di verità non effimere, dato che i nuovi media permettono di entrare in contatto con seguaci di tutte le religioni, con non credenti e persone di tutte le culture». Da queste parole di Papa Francesco, frammento di un messaggio - a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin - ai partecipanti al quarto Congresso nazionale della pastorale delle comunicazioni sociali che si è aperto in Brasile, sembra di intravedere il concetto di "parrocchia digitale", affacciata sul web e pronta a sfruttare, nella sua opera di evangelizzazione, tutte le opportunità offerte dalle Rete e dalle nuove tecnologie. Un concetto simile a ciò che da sempre contraddistingue la nostra testata, Famiglia Cristiana, da molti credenti e lettori considerata una sorta di "parrocchia di carta".
L'idea del Papa è semplice e diretta: «Il continente
digitale, prima di essere una mera realtà tecnologica, è innanzitutto un luogo di incontro tra uomini e donne le cui aspirazioni e le cui sfide non sono virtuali, ma reali e hanno bisogno di una risposta concreta». In questo senso «i canali digitali sono un campo fondamentale nella nuova "uscità missionaria", auspicata nella esortazione Evangelii gaudium, alla quale tutti siamo chiamati». Ne consegue, per gli agenti della pastorale della comunicazione, la consegna «a unirsi, con fiducia e con creatività consapevole e responsabile, alla rete di rapporti che l'era
digitale ha reso possibile».
Il messaggio più forte e profondo del Papa, digitalmente parlando, è forse contenuto in queste ultime parole, dove Francesco esorta a un uso "creativo" e "responsabile" della rete di rapporti che l'era di Internet ha reso possibile. Un pensiero rivolto agli agenti della pastorale per la comunicazione, ma in fondo anche a tutti noi, innazitutto per un uso "creativo" e "responsabile" dei social network, per esempio. Il che può essere interpretato, forse, come un invito rivolto tutti i cristiani a usare Twitter o Facebook per testimoniare la propria fede, per "abitare" la parrocchia digitale, per interpetatre la solidarietà attraverso il web, per essere in contatto con la comunità sfruttando la Rete, per aiutare il prossimo sulle piazze virtuali. Dunque, riempiendo le nostre "bacheche" in senso autenticamente cristiano, non solo con video tratti da YouTube, fotografie dei nostri amici animali, aforismi, citazioni o, peggio, sfoghi velenosi e gesti intolleranti.