Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi [...]. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio” [...]». I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «[...] Rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
Luca (10,1-12.17-20)
Testimoni della gioia
Il Vangelo della scorsa domenica narrava di alcuni discepoli del Signore che non si sono mostrati pronti e decisi di fronte all’urgenza della missione di salvezza in cui il Signore li voleva coinvolgere. Gesù, in cammino verso Gerusalemme, luogo della croce e della risurrezione, sembra non attrarre, suscita perplessità e mette ansia nel cuore di molti, se non di tutti. Oggi scopriamo un altro lato della medaglia: chi parte per la missione, affidandosi alle parole del Signore, torna «pieno di gioia».
Eppure Gesù non ha promesso nulla di gioioso: «Vi mando come agnelli in mezzo a lupi» e in assoluta semplicità e povertà: «Non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada». Ha semplicemente ribadito l’urgenza del compito: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate... e dite: “Pace a questa casa!”». Due compiti vengono assegnati ai settantadue: «pregate» e «andate».
La preghiera di intercessione perché «la messe è abbondante, ma sono pochi gli operai » è una richiesta che Gesù consegna anche a noi: chi ha a cuore il Vangelo e la Chiesa che lo proclama e lo vive oggi, deve invocare il Padre perché sciolga il nodo che impedisce a molti di vivere in pienezza e libertà la propria vocazione di discepolo. Ma così scopriamo che il compito di “andare” consegna anche noi nelle mani di Dio, ci riguarda almeno tanto quanto la necessità di pregare perché «siano molti gli operai».
Del resto sarebbe poco credibile la preghiera di chi domanda che siano molti sì, ma senza di me, come se la missione fosse compito affidato solo ad alcuni... per esempio i preti, le suore, i missionari! Ciascuno di noi può e deve accettare, quando prega per le vocazioni, che anche lui sia chiamato e debba impegnarsi in ogni momento a scoprire in quale modo il Signore lo coinvolge, così come ha fatto coi settantadue discepoli. D’altra parte, possiamo chiederci con semplicità per quale ragione dovremmo essere esentati dalla testimonianza (in greco si dice “martirio”) se questa riempie di stupore e di gioia e ci fa riconoscere che là dove il Vangelo è annunciato «anche i demòni si sottomettono a noi» nel nome di Gesù. È il dono di Dio che raggiunge ogni angolo del mondo, che costringe il male a ritirarsi là dove il bene viene scelto e attuato sulla parola del Signore.
Ma non è tutto qui! Il nostro stupore aumenta quando Gesù ci fa vincere l’ultima delle tentazioni: credere che la gioia sia motivata “solo” dall’aver sconfitto il male. Questo è molto, ma non è tutto: qui, nella missione compiuta con fedeltà, si realizza la beatitudine dei discepoli che sono «poveri nello Spirito», semplici e obbedienti, in cammino quotidiano verso la vera meta della vita: la santità, che fa sì che i loro nomi siano «scritti nei cieli».