Luca (14,1.7-14)
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Amico, vieni più avanti
«Amico, vieni più avanti». Sono parole molto semplici e belle, trovano posto anche nella mia vita, in particolare – mi ricordo e m’immagino – quando da piccolo, in occasione di qualche festa con la presenza di parenti e amici, attendevo che mi assegnassero il posto a tavola. Non sapendo dove sedermi, me ne stavo timidamente in disparte. Ma poi qualche grande, chiamandomi per nome, mi diceva: «Siediti qui, vicino a me». Allora questa parola mi faceva davvero contento. Infinitamente più straordinaria è la parola detta da Gesù a me, proprio a me: «Amico». Ed è in questa parola che io ripongo più speranza che non in tanti altri modi con cui, da quando sono prete e poi vescovo, vengo chiamato. “Amico” è una parola che dice affetto, tenerezza, incontro e dialogo fraterni, gioia di stare insieme e a lungo, possibilità di scambiarsi confidenze, fare progetti, realizzarli... Il Vangelo di oggi è un’importante lezione di realismo e di umiltà,due virtù tra loro molto simili che ci sostengono nell’avere di noi stessi un’immagine giusta: non così alta e superba da prendere di nostra iniziativa il primo posto a tavola con il Signore e non così bassa e dimessa da sentirci esclusi dal suo banchetto. Sento ora il bisogno di ripercorrere tanti momenti della mia vita per avere, una volta di più, la consapevolezza del posto che il Signore mi ha assegnato. Anche tu che mi leggi hai la possibilità di porti delle domande simili alle mie e fare anche tu delle bellissime scoperte di cui ringraziare Dio. È il Signore che mi ha chiamato. Quasi dimentico il momento preciso in cui la sua voce mi ha attratto vicino a sé come un amico, ma sono certo che non ho preteso nulla. Come quando ero bambino, ho aspettato che Gesù mi assegnasse un posto dietro di sé: il posto del discepolo. E sono diventato cristiano, prete, vescovo. Così è anche per tutti voi: chi è sposato ha accolto un dono dallemani del Signore e ha amato, gioito e sofferto come tantissimi altri che hanno accolto con gioia la propria personale vocazione. Chi è sposato ha risposto al Signore accogliendo la responsabilità di volere il bene della moglie o del marito, dei figli, dei nipotini... Anche tu sei il «servo buono e fedele» che sentirà Gesù dirgli: «Amico». Io e tanti altri come me abbiamo accolto la responsabilità di amare la Chiesa e di spenderci per essa, per il suo bene: vie diverse le nostre, ma tutte convergenti e intrecciantesi tra loro, tutte percorse nell’amicizia del Signore. La vita continua a riservarci anche momenti nei quali più pesante sentiamo la responsabilità che ci è stata affidata. Nello stesso tempo il Vangelo di oggi ci interpella: ci domanda conto dello sguardo ampio che abbiamo saputo avere e di come siamo stati amici autentici del Signore, di colui che chiama a sé, come prediletti, gli ultimi: «i poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi». Se così è stato, confidiamo che “saremo beati” perché questi amici di Gesù non hanno voce e non possono ricambiare il bene che facciamo loro: riceveremo però la «ricompensa alla risurrezione dei giusti», là dove conta solo sentirsi dire «amico, vieni più avanti». Sì, proprio tu: perché hai amato, hai sofferto e gioito con me e per me.