Le foto dei ragazzi yemeniti uccisi in piazza Karama.
Teniamo d'occhio la serata degli Oscar, il 2 marzo. Tra divi, lustrini e kolossal potrebbe spuntare un piccolo ma storico evento: il primo Oscar a un film dello Yemen. In lizza tra i cortometraggi, infatti, c'è anche Karama has no walls, girato dalla regista Sara Ishaq.
Karama vuol dire "dignità" ed era il nome della piazza in cui i giovani yemeniti si riunivano per contestare il regime del dittatore Ali Abdullah Saleh, presidente (prima del Nord e poi dell'intero Paese riunificato) dal 1978 al 2012. Un giorno, per impedire le proteste, Saleh fece costruire un muro che bloccava l'ingresso alla piazza. E il 18 marzo 2011, dopo la preghiera del venerdì, le sue guardiecominciarono a sparare sui giovani che si erano ugualmente riuniti davanti al muro.
Quel giorno, però, avvenne una cosa bellissima e folle: dopo i primi spari e i primi caduti, i giovani, invece di fuggire, si lanciarono contro il muro, incuranti delle fucilate,e e cominciarono ad abbatterlo pietra dopo pietra. Alla fine della giornata si contarono 55 morti. Ma quel sacrificio fece anche crollare il regime di Saleh, che poco dopo fu sostituito grazie a un accordo internazionale.
Ecco perché il film, che racconta quella giornata di sangue in 30 minuti, si intitola "Karama non ha muri". Da allora sono passati quasi tre anni e gli yemeniti non sono certo entusiasti del regime di Abed Rabbo Mansour Hadi, che era il vice di Saleh e che, dopo la sua caduta, è stato prima presidente ad interim e poi presidente eletto in un'elezione con un solo candidato, lui. Gli autori del massacro di piazza Karama sono tuttora impuniti: Hadi ha creato una commissione d'inchiesta ma ha finora "dimenticato" di nominarne i membri. Anzi, Hassab Addollah, l'avvocato di un gruppo di parenti delle vittime che aveva cercato di portare in tribunale Saleh e dieci suoi collaboratori, è stato assassinato nel 2012. Ma questa è un'altra storia.