Afghanistan, l'Italia in trincea
02/07/2010Gli alpini scavano camminamenti e postazioni a ridosso del confine con il Turkmenistan, nell'area di Bala Murghab. Un giorno nell'avamposto Cavour, tra gli alpini (foto di Nino Leto).
Le scavano gli alpini, a forza di braccia, con pala e piccone, meglio di notte, per non essere sfiniti dal caldo soffocante, ma anche (e soprattutto) per non diventare facile bersaglio degli insorti. A oltre novant'anni dalla Prima guerra mondiale l'Italia ritorna in trincea. Lo fa a nord dell'Afghanistan, quasi al confine con il Turkmenistan. Gli uomini e le donne del secondo reggimento di Cuneo della Brigata alpina Taurinense vivono a turno, per 4-5 giorni in questa prima linea difensiva, dove al massimo - in sei metri per tre - deve starci di tutto: mitragliatrici pesanti, fucili, munizioni, e poi le brandine per la squadra che monta di guardia, viveri, bottiglie d'acqua, zaini. Per arrivare in trincea si parte dal quartier generale di Herat, il grande capoluogo di provincia da cui Bala Murghab dista circa 230 chilometri. E proprio a Bala Murghab, per essere precisi: alla base operativa avanzata Columbus, nata attorno a un ex cotonificio diroccato, i rinforzi e il materiale arrivano per lo più su grossi elicotteri da trasporto, i Boeing CH-47 Chinook; talvolta i rifornimenti vengono paracadutati; molto più raramente si muovono via terra: i pericoli di attacchi da parte degli insorti e, soprattutto, la possibile presenza di ordigni artigianali sconsigliano un viaggio necessariamente lungo (dura in media dieci giorni), che comincia a 60 chilometri all'ora, nel centro di Herat, e che fuori città, da un certo punto in avanti, procede necessariamente a passo d'uomo se non addirittura a 1,5 chilometri orari dal momento che l'insidia può celarsi a ogni piè sospinto. Dalla base Columbus di Bala Murghab, in ogni caso, sui mezzi blindati Lince si raggiungono gli avamposti scavati e tenuti dagli afghani, dagli americani e dagli italiani: noi siamo andati in uno di quelli in prima linea, costruiti e presidiati dagli alpini, l'avamposto Cavour (a cura di Alberto Chiara; fotografie di Nino Leto).