«Beirut è una città distrutta», e le esplosioni di marted 4 agosto l'hanno trasformata in una nuova, tragica «Hiroshima». Lo ha detto ad una emittente libanese, trattenendo a stento le lacrime, il governatore di Beirut, Marwan Aboud, definendo quanto accaduto «un disastro nazionale senza precedenti». Aboud si è recato sul luogo dell'esplosione, al porto di Beirut, rivelando che tra i dispersi vi sarebbero numerosi vigili del fuoco accorsi sul posto per spegnere l'incendio conseguente alla prima esplosione.
Già, perchè la capitale libanese è stata devastata da due deflagrazioni nella zona del porto. Il ministero della Salute aggiorna di continbuio il bilancio che - stando alla Croce Rossa libenaese - alle 9 di mercoledì 5 agosto risultava di oltre 100 morti e di circa 4.000 feriti. Colpito in maniera non grave anche un militare italiano del contingente presente in Libano. Si cercano persone intrappolate sotto le macerie di un edificio di tre piani crollato. Secondo i responsabili della sicurezza libanese, le esplosioni potrebbero essere dovute a "materiali esplosivi confiscati". Di sicuro è esploso un deposito dove erano immagazzinate 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, sequestrate diversi anni fa da una nave
“È un caos. Il Libano è nel caos”. È la prima reazione rilasciata a caldo all'agenzia di stampa cattolica Agensir da padre Michel Abboud, presidente di Caritas Libano, subito dopo una enorme esplosione, “forse due”, nella zona del porto di Beirut. "È una tragedia impressionante. Non sappiamo cosa è successo: le voci sono discordanti. C’è chi parla di una esplosione in un deposito di fuochi di artificio, chi invece in un deposito di missili di Hezbollah, la milizia sciita filo-iraniana e chi paventa un attacco israeliano. Non c’è nessuna verità. Non c’è nessuna conferma. In questo momento è in corso la riunione del Consiglio libanese per la sicurezza. Vedremo cosa accadrà”. Voci che si accavallano a poche ore dal verdetto che dovrebbe essere emesso domani da un tribunale delle Nazioni Unite in merito all’autobomba che nel 2005 assassinò il primo ministro Rafik Hariri. I quattro indagati appartengono tutti al gruppo di Hezbollah, che ha sempre negato ogni coinvolgimento. “Le deflagrazioni – aggiunge padre Abboud – hanno danneggiato tantissimi edifici tra i quali anche la sede di Caritas Libano. Fortunatamente non registriamo feriti o vittime tra i nostri addetti”.
Sia Israele che Hezbollah hanno negato qualsiasi coinvolgimento: il primo si è offerto di mandare aiuti, il movimento filo iraniano ha fatto un appello all’unità.
Il presidente libanese Aoun ha proclamato per mercoledì 5 agosto una giornata di lutto nazionale.
Le fotografie di questa gallery sono dell'agenzia di stampa Ansa e dell'agenzia di stampa Reuters.