Dietro ai numeri ci sono i volti
18/03/2014Nonostante la situazione economica, nel 2013 l’Unicef ha ricevuto la cifra più alta di donazioni dal 2005, l’anno dello tsunami nell’Oceano Indiano; tuttavia, corrisponde a solo il 59% del fabbisogno
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Le ragazze sottobraccio fuori da Likoli, una scuola elementare sostenuta dall'UNICEF nel villaggio di Zakpota , nel centro del Benin
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Un bambino aggrappato a una sporgenza fuori dalla sua casa allagata nel quartiere di San Julian nel dipartimento di Santa Cruz (Bolivia)
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Steven, 4 anni, soffre di malnutrizione grave: qui è con la madre nel centro nutrizionale dell'Unicef nella città di Bo, in Sierra Leone. Il braccialetto di identificazione sul suo polso viene utilizzato per monitorare i suoi progressi nutrizionali
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Materiale destinato alle scuole in partenza dal "magazzino" centrale dell'Unicef a Copenaghen per gli Stati Uniti d'America: li attendono i bambini sfollati a causa dell'uragano Kathrina
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Una ragazzina torna a casa dopo le lezioni nel villaggio di Gogbo, in Benin
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Bambino sottoposto alla visita di controllo per monitorare la crescita presso l'ospedale governativo Kono a Koidu in Sierra Leone
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Un gruppo di studenti "eletti" come rappresentanti dai loro compagni di una scuola primaria nel villaggio di Mende Buima in Sierra Leone
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Enelesi, 16 anni, torna a casa dopo le lezioni con i suoi fratelli più giovani: da quando sono rimasti orfani è lei a occuparsi di loro
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Layla Saleh, 8 anni, gioca in un spazio "child friendly" nel campo profughi di Gendrassa, in Sud Sudan
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Volontari scaricano kit per l'igiene personale da un camion sotto il diluvio incessante che ha colpito Jakarta lo scorso gennaio
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Il giocatore della nazionale afghana di cricket Samiullah Shinwari vaccina una bambina durante le Giornate di Immunizzazione nazionale indette in tutte il Paese. Qui siamo ad Herat
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L'operatore Unicef Abduljabar prepara sali per la reidratazione orale di Ahmed, 4 anni, che vive nel campo profughi di Domiz, nel nord dell'Iraq
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Non è così scontato come potrebbe apparire: l'acqua potabile dai rubinetti nel campo profughi di Domiz, nel nord dell'Irak, è una eccezionale conquista dell'Unicef
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Una bambina che frequenta la scuola Mathruka Niketan di Bangalore e sottoposta a un programma di protezione contro abusi e violenze
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Bambini fuori dalla scuola Babale Santana dove l vittime delle inondazioni che hanno colpito il Mali hanno trovato un riparo
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Uno scatto dell'ambasciatrice Unicef Mia Farrow durante il suo viaggio in Repubblica Centrafricana
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Il direttore esecutivo dell'Unicef Anthony Lake somministra una dose di vaccino antipolio per via orale alla piccola Winnoa Mae Oliva, di appena due mesi, nella città di Guiuan nelle Filippine
Nelle crisi, i bambini sono i più esposti ai rischi di violenza, sfruttamento, malattie e negligenze. Vale per le guerre, i disastri naturali, le epidemie, la sete e la fame. Secondo l’Unicef, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia, sono 59 milioni in 50 paesi i bambini che vivono in situazioni di emergenza. Per assicurare gli aiuti salvavita necessari, nel 2014 serviranno almeno 1 miliardo e 600 milioni di euro.
Prima di tutto, per continuare gli interventi umanitari già avviati. «Lo scorso anno», spiega il direttore Anthony Lake, «abbiamo assistito ad un’escalation di crisi»; basti pensare alle guerre in Siria, Sud Sudan, Centrafrica, o al tifone nelle Filippine. Nonostante la situazione economica, nel 2013 l’Unicef ha ricevuto la cifra più alta di donazioni dal 2005, l’anno dello tsunami nell’Oceano Indiano; tuttavia, corrisponde a solo il 59% del fabbisogno. Oltre agli interventi nelle grandi emergenze, tra i risultati ci sono 24,5 milioni di bambini vaccinati contro il morbillo, 20 milioni che hanno ricevuto accesso ad acqua potabile, 2,7 che hanno potuto ricevere istruzione di qualità, 1,9 curati dalla malnutrizione acuta e 935mila che hanno ricevuto sostegno psicosociale.
Dietro ai numeri, ci sono i volti. Anthony Lake ricorda quello di Gwendolyn, nata nelle Filippine una settimana prima dell’arrivo del tifone che ha spazzato via la sua casa: «Abbiamo accolto la sua famiglia in un rifugio dove ha potuto accedere all’acqua dal sistema idrico comunale, appena ripristinato. Quando Jhana, la madre di Gwendolyn, ha ricevuto del sapone, si sentiva fortunata perché, per la prima volta dopo il disastro, poteva nuovamente fare il bagnetto alla sua neonata».
Dieu-Donné è nato invece 19 mesi fa: «Seduto su un misero lettino d’ospedale guarda la sorellina neonata sorridere. Nella Repubblica Centrafricana, l’accesso a cibo nutriente e a cure mediche è stato fortemente limitato dal conflitto in corso». Per ora l’ha avuto grazie all’Unicef, ma occorre continuare ad aiutarlo per permettere a bambini come Dieu-Donné e Gwendolyn di riprendersi la propria infanzia.