Mentre in India si preparano luci e decorazioni per Divali, la festa più importante dell’anno, detta anche la festa delle luci, arriva inaspettata
la notizia della scomparsa di Warren M. Anderson, l'ex presidente dell'azienda chimica statunitense Union Carbide, ricercato in India per il disastro di Bhopal.
Latitante da anni, il manager novantaduenne è morto in Florida dove viveva dopo il suo pensionamento,
protetto dagli Stati Uniti che non hanno mai concesso l’estradizione, nonostante le ripetute richieste del governo indiano.
La scomparsa di Anderson risale a circa un mese fa ma i familiari non hanno voluto rendere pubblica la notizia. Figlio di un carpentiere di Brooklyn, era arrivato da due anni ai vertici dell’azienda statunitense, quando si verificò
il più grave incidente industriale nella storia moderna.
Trent’anni fa, per l’esattezza a mezzanotte e cinque del
3 dicembre 1984, l'esplosione di una fabbrica di pesticidi della Union Carbide a Bhopal, nell'India centrale, causò la
fuoriuscita di 40 tonnellate di isocianato di metile, che uccise alcune migliaia di persone.
Anderson si recò sul posto quattro giorni dopo il disastro e
venne immediatamente arrestato, ma uscì di prigione pagando una cauzione, lasciò il Paese e non vi fece più ritorno.
La storia degli anni successivi è quella di circa
mezzo milione di residenti intossicati dalla fuga di gas e successivamente morti a causa di tumori e altre malformazioni.
Otto ex dirigenti dell'impianto sono stati condannati a due anni di carcere e 100.000 rupie (circa 2.000 dollari) di multa.
Circa 500 euro per ogni vittima, 100 euro per ogni persona contaminata.
Greenpeace, Amnesty International e le associazioni dei parenti delle vittime hanno sempre denunciato la mancata bonifica e il risarcimento inadeguato delle vittime.
Il disastro di Bhopal, spesso citato come
uno dei 12 maggiori “ecocidi”, ha fatto storia come uno dei casi più esemplari di
mancata assunzione di responsabilità da parte delle imprese. La
Dow Chemicals, che rilevò la Union Carbide, è stata per questo motivo oggetto di una forte campagna ambientalista.
Non si sarebbe mai arrivati a quell’orrore, probabilmente, se l’azienda non avesse deciso di tagliare le spese di manutenzione dell’impianto. Sfortuna poi volle che quella notte il vento tirasse esattamente nella direzione del villaggio di baracche e casupole dove vivevano i lavoratori.
I parenti delle vittime di Bhopal avrebbero voluto che Anderson passasse in carcere gli ultimi anni della sua vita. Invece si spostava dalla residenza di New York (dove venne fotografato dieci anni fa dagli attivisti di Greenpeace) alla casa delle vacanze in Florida.
Ma non era un uomo sereno. Al “Times of India” ha raccontato di
notti passate con la moglie Lilian a leggere gli articoli di giornale sulla tragedia e quando andava al ristorante aveva paura di essere visto che rideva per i possibili commenti della gente. Con la sua morte si chiude un’epoca.
Gabriele Salari