L’India è maglia nera per il deficit d’accesso alla rete elettrica: 306 milioni di abitanti vivono senza energia elettrica, contro 82 milioni in Nigeria, 66 in Bangladesh e a seguire una lunga teoria di Stati, soprattutto africani.
Sempre l’India vanta il primato di persone (705 milioni) dipendenti da combustibili solidi tradizionali per la vita quotidiana, davanti alla Cina con 612 milioni. Il governo ha un piano per portare elettricità alla popolazione, a base però di carbone e nucleare, con tutto il tempo e gli investimenti che comporta, oltre ai danni per l’ambiente.
Eppure esistono dei casi esemplari: la cittadina di Dharnai, in Bihar, uno degli Stati più poveri dell’India, ha finalmente la corrente grazie a un p
rogetto di micro reti alimentate con energia solare fotovoltaica, ideato e attuato con la collaborazione di Greenpeace India.
«Erano 30 anni che aspettavamo questo giorno, in 3 mesi è stata realizzata la rete», racconta un ottantenne, l’abitante più anziano del villaggio, che ha avuto l’onore di attivare ufficialmente il nuovo sistema di energia, di fronte a una folla di migliaia di persone festanti, lo scorso luglio. Si è detto finalmente addio a lampade al cherosene costose e che danneggiano la salute e a generatori individuali alimentati con il diesel per assicurarsi luce ed energia.
Energia vuol dire che le due scuole, l’ospedale, le botteghe, le case e le strade hanno ora illuminazione e corrente e anche le pompe per l’acqua possono funzionare senza interruzione. Un sistema di accumulo a batterie garantisce l’energia elettrica giorno e notte.
Dharnai è il primo villaggio in India dove ogni aspetto della vita si muove grazie all’energia solare. Forse il primo in un Paese in via di sviluppo. L’energia elettrica garantita anche di sera ha migliorato le opportunità educative per i bambini del villaggio, l’illuminazione stradale garantisce maggiore sicurezza (specie per donne e bambini) per le vie del villaggio.
Dharnai è oggi un modello da imitare: la miglior qualità della vita dei suoi abitanti, infatti, è già diventato un argomento di discussione nei villaggi vicini, e tutti vogliono comprendere e replicare il modello energetico di Dharnai.
Greenpeace India ha sviluppato la micro-rete di Dharnai partendo dal suggerimento dell’ex capo di Stato del Bihar di presentare una soluzione teorica che potesse essere usata nella regione.
Greenpeace ora chiede alle istituzioni del Bihar di sviluppare progetti di micro generazione di energia rinnovabile per villaggi simili e di mettere in atto un’appropriata struttura legislativa. Il progetto è anche in linea con l’obiettivo del governo indiano di incrementare significativamente l’uso dell’energia solare,
mentre l’Onu vorrebbe addirittura raddoppiare entro il 2030 la quota delle energie rinnovabili a livello globale portandola dal 18% del 2010 al 36%.
Come è stato possibile tutto questo?
«Abbiamo realizzato questo progetto con l’aiuto degli abitanti di Dharnai e con i partner Basix e Ceed, una banca per il micro-credito (che si occuperà della manutenzione e della riscossione delle bollette) e un centro di formazione», spiega
Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia.
«Nonostante ciò, il governo indiano ha bloccato i fondi che Greenpeace International devolve a Greenpeace India per sostenere le sue campagne,
con l’accusa di ostacolare lo sviluppo del Paese con le campagne contro carbone, nucleare e Ogm (organismi geneticamente modificati,
ndr)».
Il progetto è andato avanti lo stesso e mostra una via da seguire.
In India ci sono più di 80.000 villaggi che hanno bisogno di micro-reti solari. E la storia di Dharnai va ben oltre l’India. Nessun vero sviluppo potrà esserci dove manca l’energia elettrica.
Eppure circa un miliardo e 200 milioni di persone nel mondo non hanno accesso all’elettricità mentre due miliardi e 800 milioni dipendono dal legname o da altre biomasse per cucinare e riscaldare le proprie abitazioni.
«Il progetto pilota di Dharnai è una sfida già vinta: dimostra che è possibile ridurre la "povertà energetica" con un intervento innovativo di solarizzazione, a costi contenuti
e senza utilizzare fonti sporche e pericolose come il carbone e il nucleare promosse dal governo indiano», conclude Onufrio.
Felice D'Agostini