C'è la nonna di Barack Obama che pratica da sempre agricoltura biologica in Kenya e la foto del piatto di verdure che ha preparato al nipote quando è andata a trovarla.
C'è il volto sorridente di chi produce banane bio in Brasile e quello del raccoglitore di riso in Cambogia che ha inventato un metodo innovativo per fare a meno dei fitofarmaci.
Sono tanti i volti di donne, uomini e bambini, campi coltivati e piccoli mercati contadini in una
suggestiva mostra fotografica dedicata all’agricoltura sostenibile, che è stata allestita da Greenpeace nel centro di Milano (in Corso Vittorio Emanuele) in occasione della
Giornata Mondiale dell'Alimentazione indetta dalla Fao, che si celebra oggi. La mostra sarà
visibile al pubblico fino al 29 ottobre, in concomitanza con la fase conclusiva di Expo 2015.
L’evento è parte di un
progetto più ampio commissionato da Greenpeace a Peter Caton (LINK a
www.petercaton.com), fotografo di caratura internazionale, per documentare le diverse realtà dell’
agricoltura sostenibile in sei Paesi del mondo (Brasile, Cina, Kenya, Francia, California, Cambogia).
«Nella Giornata Mondiale dell'Alimentazione
vogliamo celebrare i piccoli agricoltori, che ogni giorno con il loro eroico lavoro
sfamano il Pianeta producendo il 70 per cento del cibo a livello globale. Alimenti prodotti a partire da una vasta gamma di colture, senza l'uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, e da comunità rurali economicamente vitali dovrebbero essere la norma.
L'agricoltura ecologica unisce scienza e tecnologia, con il sapere degli agricoltori», spiega
Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura Sostenibile di
Greenpeace (
SoCosaMangio.greenpeace.it).
Con questa mostra
Greenpeace vuole riavvicinare le persone all'agricoltura, alla terra e agli agricoltori. «
Le fotografie di Peter Caton mostrano il volto più umano dell’agricoltura, in contrapposizione al sistema attuale, anonimo e industrializzato. È un sistema fatto di monoculture, Ogm e uso intensivo di pesticidi e fertilizzanti chimici,
che mette in pericolo la biodiversità e dove gli agricoltori sono considerati “braccianti”. Un sistema controllato da grandi aziende il cui unico interesse è il profitto, che non si preoccupano delle implicazioni sanitarie di lungo termine, della sicurezza alimentare e dell’ambiente», conclude Ferrario.
Felice D'Agostini