Honduras, un popolo in fuga da violenza e povertà
Si sono messi in cammino a piedi, attraverso foreste e fiumi, trascinando le valigie, con i loro figli tra le braccia, sotto la pioggia. Oppure stipati a bordo di autobus e camion. Con il miraggio del Nord, gli Stati Uniti, magari il Canada, dove cercare condizioni di vita migliori. Le immagini Reuters raccontano il Centroamerica in cammino, il grande esodo dei disperati dell'Honduras, la lunga carovana di migliaia di persone - circa tremila - in fuga da un Paese dilaniato dall'emergenza della violenza e della criminalità (legata in buona parte al narcotraffico), gravemente insicuro, tra i più poveri dell'America latina e uno tra gli Stati con la più elevata disuguaglianza socio-economica al mondo. I migranti si raccolgono a San Pedro Sula, dipartimento di Cortés, la seconda città più popolosa dell'Honduras (dopo la capitale Tegucigalpa) e la più violenta al mondo, vicino al confine con il Guatemala, e da lì sperano di passare la frontiera di Agua Caliente, nel dipartimento di Ocotepeque. Il Guatemala non è l'approdo, è il Paese di passaggio attraverso il quale raggiungere il Messico e, da lì, tentare l'ingresso negli Stati Uniti. Una speranza che trova di fronte a sé il muro innalzato da Donald Trump. Il presidente Usa non ha alcuna intenzione di dare accoglienza ai migranti honduregni, ribadisce la sua politica contro l'immigrazione e ha minacciato Honduras, Guatemala e El Salvador di tagliare loro gli aiuti finanziari se non bloccheranno l'avanzata verso gli Stati Uniti. Il Messico ha inviato circa 200 poliziotti alla frontiera con il Guatemala per fermare il flusso. Una parte della carovana partita una settimana fa - e via via ingranditasi lungo il cammino - è riuscita a entrare in territorio messicano, ma la maggior parte dei migranti si trova in Guatemala, accolta in rifugi di fortuna, in condizioni di precarietà e insicurezza.


































