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Per 30 milioni di minori in Africa subsahariana la campanella non suona mai. Il 28% di loro sarà del tutto analfabeta. È il grido d'allarme dell'Unicef. Ma un progetto dell'agenzia Onu per l'infanzia mira a portare a scuola un milione di bambini. E a formare 10 insegnanti donne, per favorire l'accesso delle bambine.
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Per 30 milioni di minori in Africa subsahariana la campanella non suona mai. Il 28% di loro sarà del tutto analfabeta. È il grido d'allarme dell'Unicef. Ma un progetto dell'agenzia Onu per l'infanzia mira a portare a scuola un milione di bambini. E a formare 10 insegnanti donne, per favorire l'accesso delle bambine.
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Per 30 milioni di minori in Africa subsahariana la campanella non suona mai. Il 28% di loro sarà del tutto analfabeta. È il grido d'allarme dell'Unicef. Ma un progetto dell'agenzia Onu per l'infanzia mira a portare a scuola un milione di bambini. E a formare 10 insegnanti donne, per favorire l'accesso delle bambine.
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Per 30 milioni di minori in Africa subsahariana la campanella non suona mai. Il 28% di loro sarà del tutto analfabeta. È il grido d'allarme dell'Unicef. Ma un progetto dell'agenzia Onu per l'infanzia mira a portare a scuola un milione di bambini. E a formare 10 insegnanti donne, per favorire l'accesso delle bambine.
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Per 30 milioni di minori in Africa subsahariana la campanella non suona mai. Il 28% di loro sarà del tutto analfabeta. È il grido d'allarme dell'Unicef. Ma un progetto dell'agenzia Onu per l'infanzia mira a portare a scuola un milione di bambini. E a formare 10 insegnanti donne, per favorire l'accesso delle bambine.
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Per 30 milioni di minori in Africa subsahariana la campanella non suona mai. Il 28% di loro sarà del tutto analfabeta. È il grido d'allarme dell'Unicef. Ma un progetto dell'agenzia Onu per l'infanzia mira a portare a scuola un milione di bambini. E a formare 10 insegnanti donne, per favorire l'accesso delle bambine.
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Per 30 milioni di minori in Africa subsahariana la campanella non suona mai. Il 28% di loro sarà del tutto analfabeta. È il grido d'allarme dell'Unicef. Ma un progetto dell'agenzia Onu per l'infanzia mira a portare a scuola un milione di bambini. E a formare 10 insegnanti donne, per favorire l'accesso delle bambine.
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Per 30 milioni di minori in Africa subsahariana la campanella non suona mai. Il 28% di loro sarà del tutto analfabeta. È il grido d'allarme dell'Unicef. Ma un progetto dell'agenzia Onu per l'infanzia mira a portare a scuola un milione di bambini. E a formare 10 insegnanti donne, per favorire l'accesso delle bambine.
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Per 30 milioni di minori in Africa subsahariana la campanella non suona mai. Il 28% di loro sarà del tutto analfabeta. È il grido d'allarme dell'Unicef. Ma un progetto dell'agenzia Onu per l'infanzia mira a portare a scuola un milione di bambini. E a formare 10 insegnanti donne, per favorire l'accesso delle bambine.
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Per 30 milioni di minori in Africa subsahariana la campanella non suona mai. Il 28% di loro sarà del tutto analfabeta. È il grido d'allarme dell'Unicef. Ma un progetto dell'agenzia Onu per l'infanzia mira a portare a scuola un milione di bambini. E a formare 10 insegnanti donne, per favorire l'accesso delle bambine.
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Per 30 milioni di minori in Africa subsahariana la campanella non suona mai. Il 28% di loro sarà del tutto analfabeta. È il grido d'allarme dell'Unicef. Ma un progetto dell'agenzia Onu per l'infanzia mira a portare a scuola un milione di bambini. E a formare 10 insegnanti donne, per favorire l'accesso delle bambine.
I bambini africani tifano per lo sport e la scuola. Per poterli praticare
In Africa, i Mondiali brasiliani sono seguiti da molti bambini, che si dividono tra tifosi delle nazionali africane qualificate (Camerun, Algeria, Costa d’Avorio, Nigeria e Ghana) e quelle più forti di altri continenti: poco prima della partita con l’Inghilterra, l’Unicef ha pubblicato una foto di un bambino mozambicano adottato a distanza.

Maglia azzurra e tifo a squarciagola per l’Italia. Nel mondo, sono tanti i minori che si sfidano cercando di imitare Messi e Balotelli; eppure, sebbene lo sport e il gioco siano diritti riconosciuti dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (art. 31), non sempre sono rispettati e specialmente i bambini africani faticano a “qualificarsi”.

Spesso la chiave è la scolarizzazione, come dimostra il “Mondiale locale” organizzato dalle studentesse del liceo di Saveglu, nel nord del Ghana. Alcune di loro preferiscono giocare scalze, per non rovinare le scarpe.

Lo ha ricordato l’Unicef il 16 giugno scorso, Giornata del bambino africano, occasione per lanciare un allarme: in Africa Centrale e Occidentale, 1 bambino su 5 in età scolare non è mai entrato in un’aula scolastica. Secondo l’Unesco, degli oltre 30 milioni di bambini in età da elementare per cui in Africa subsahariana non suona la campanella, due terzi (19 milioni) vivono in Africa Centrale e Occidentale. Vuol dire che il 28% dei bambini della regione rimarrà completamente analfabeta, né potrà giocare e fare sport come sarebbe loro diritto.

Tra il 2000 e il 2007 erano stati raggiunti traguardi considerevoli nel migliorare l’accesso all’istruzione primaria, ma dal 2008 i progressi sono in totale stallo. «Serve un maggior numero di aule scolastiche e di insegnanti – spiega l’Unicef – ma solo questi elementi non sono sufficienti a portare a scuola milioni di bambini, in particolare coloro che si trovano più ai margini. Le famiglie spesso non possono sostenere le tasse scolastiche o i costi dei materiali didattici».

Una seconda sfida indicata da “The Global Initiative on Out of School Children” riguarda la scarsa qualità dell’istruzione offerta in molte scuole, che, tra l’altro, dimenticano che lo sport e spazi adeguati per praticarlo sono un diritto per tutti i minori.

Sempre nell’Africa subsahariana, infatti, milioni di bambini che frequentano stanno apprendendo poco. Commenta Leila Gharagozloo Pakkala, direttore dell’Unicef per la regione: «Con classi sovraffollate, insegnanti e materiali didattici insufficienti, un gran numero di bambini ripete i cicli e abbandona la scuola senza padroneggiare le basi. Questa è una grave preoccupazione, visti gli stretti legami tra risultati di apprendimento e le economie nazionali».

Inutile dirlo, i gruppi più vulnerabili, come i bambini disabili o delle minoranze, sono più facilmente esclusi dal diritto alla scuola e a praticare sport. Tra di loro, ci sono anche le bambine, che hanno opportunità più basse di frequentare perché, soprattutto nelle famiglie povere e nelle aree rurali, devono spesso badare alla famiglia.

Molto importante è incoraggiare chi riesce a fare una scelta diversa. Come i genitori di Kasimu Liman, dodicenne nigeriana che frequenta una scuola coranica a Toro e sogna di diventare una dottoressa. «L’aiuterò in ogni modo a realizzare il suo sogno», spiega il padre che ha voluto che tutti i suoi 15 figli, incluse le 11 femmine, frequentassero la scuola in un Paese, la Nigeria, dove 10 milioni e mezzo di minori sono fuori dal sistema scolastico. Il 60% è nel Nord, la zona di Boko Haram, e la percentuale sale tra le femmine.

Il padre di Kasimu è un “malam”, come i maestri delle scuole coraniche sono conosciuti nel Nord, e ha una forte influenza sulla sua comunità. Quando l’Unicef e la cooperazione britannica hanno finanziato il progetto sulla sua scuola, ha accettato di introdurre, accanto alla memorizzazione del Corano, la lingua hausa e l’inglese, scienze, matematica e informazioni per la vita di ogni giorno, come l’anatomia.

Racconta Abdulai Kaikai, che guida l’ufficio locale dell’Unicef: «Incontriamo ancora delle resistenze a iscrivere i bambini, e particolarmente le bambine. Questo è in parte dovuto alla sfiducia verso quella che è considerata un’educazione occidentale, ma anche al poco riconoscimento del valore della scolarizzazione e alla bassa qualità dell’insegnamento».

Tuttavia, il progetto mira a portare a scuola 1 milione di bambine in più entro il 2020, a formare 10 mila insegnanti donne dato che la prevalenza di maestri uomini scoraggia la frequenza delle bambine e a sostenere l’Associazione delle Madri, che è nata attorno alla scuola e si sta impegnando per la scolarizzazione femminile.

Stefano Pasta

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