«I bambini tenuti in condizioni inaccettabili»
27/10/2013Gli operatori di Terre des Hommes descrivono la situazione in cui vivono i piccoli e le loro famiglie nel Centro di Primo Soccorso di Lampedusa. Sono soprattutto siriani, eritrei, somali. I loro disegni raccontano le realtà terribili da cui provengono. Ma noi li facciamo dormire per terra, in condizioni da animali.
«Per
i bambini condizioni
assolutamente
inaccettabili».
Un giudizio senza mezzi termini, quello di Federica Giannotta, di
Terre des Hommes, appena rientrata da Lampedusa. Federica è
responsabile del progetto “Faro”, di assistenza psicologica e
psicosociale ai minori stranieri non accompagnati e alle famiglie con
bambini.
Terre des Hommes è presente nell'isola dal 2011. «Il
Centro di Primo Soccorso»,
dice, «con
una capienza massima di 250 persone, accoglie oggi 800 profughi di
cui circa 200 sono bambini piccoli; ci sono state punte di 1000
persone. Si tratta per lo più di nuclei familiari molto numerosi,
con quattro o cinque bambini, anche neonati».
- Quali sono le condizioni di accoglienza a
Lampedusa?
«Vedere
i bambini costretti a dormire per terra, su materassi sporchi e senza
lenzuola e coperte, nel freddo della notte isolana, non è più
ammissibile. Le mamme ci raccontano che nel cuore della notte si
svegliano per il freddo, perché i bambini non riescono a dormire e
loro non sanno come fare. Se piove, entra acqua nel tetto e
intere stanze si allagano, riducendo ulteriormente lo spazio a
disposizione. Molte famiglie sono addirittura costrette ad accamparsi
fuori, sulla terra nuda, in mezzo agli alberi, con ripari di fortuna
fatti con le coperte termiche usate nel salvataggio. Lì sotto ci
sono anche neonati che vengono allattati e fatti dormire all’aperto,
in condizioni climatiche ormai non più sopportabili. In sintesi,
dopo che le
maggiori istituzioni del Paese hanno speso tante parole sulla
necessità di un’accoglienza diversa per i migranti, l’attuale
situazione risulta assolutamente inaccettabile rispetto ai parametri
del diritto internazionale umanitario».
- Ci sono persone di quali nazionalità?
«Eritrei,
somali, siriani, ghanesi e anche nepalesi. La convivenza tra persone
di diverse provenienze non è sempre facile, non mancano le
difficoltà di condivisione degli spazi. Va tenuto presente che si
tratta di persone, a volte minori soli, psicologicamente fragili,
spesso scampate dalla guerra dove magari hanno perso dei familiari.
L’altro giorno, un ragazzo eritreo di 12 anni mi ha mostrato un
dito completamente nero: era stato torturato da un trafficante in
Libia con un ferro rovente perché i genitori tardavano a mandare i
soldi. Particolare poi è il caso dei siriani».
- Per i profughi siriani cosa si potrebbe fare?
«Andrebbero
ascoltati: non
vogliono farsi identificare perché vogliono lasciare l’Italia e
andare in Germania, Svezia e Norvegia. In base al Regolamento di
Dublino, la polizia prende le loro impronte digitali ma, per questa
ragione,
non potranno fare domanda di asilo politico in altri Paesi
fuorché l’Italia. A livello europeo, va rapidamente proposta una
revisione di questa normativa. A livello italiano, chiediamo che
siano riconosciuti per quello che sono, profughi di guerra, e ci sia
per i siriani la possibilità di chiedere subito la protezione
umanitaria, senza aspettare i tempi delle commissioni, e favorendo i
ricongiungimenti con i parenti in altri Paesi
europei. Nell’immediato, si potrebbe inoltre istituire un
canale umanitario per evitare che i ripetano tragedie come quelle
recenti nel Mediterraneo».
- Per le condizioni del Centro
di Primo Soccorso di Lampedusa cosa si potrebbe fare?
«Con
le attuali norme sull’immigrazione, gli sbarchi non sono
un’emergenza, ma un flusso continuo prevedibile, era intuitivo che
sarebbero continuati. L’accoglienza va strutturata per tempo. È
evidente che 250 posti, quando le persone sono lasciate a Lampedusa
per una media di 15 giorni, sono insufficienti. Nell’immediato si
potrebbe fare molto. Chiediamo che
venga riattivato il meccanismo dei trasferimenti dal Centro a
strutture d’accoglienze adeguate con priorità assoluta per bambini
e famiglie e minori non accompagnati, che la loro permanenza nel
Centro sia comunque il più breve possibile, come previsto dalle
norme italiane in materia di accoglienza, e che le persone non
debbano essere private della libertà personale. Data l’inadeguatezza
dell’accoglienza istituzionale, previo accordo con la popolazione
locale, si potrebbero temporaneamente trasferire le famiglie con i
bambini nelle strutture turistiche libere di Lampedusa (30.000 posti
disponibili praticamente vuoti nella stagione fredda), in attesa del
loro tempestivo trasferimento in strutture d’accoglienza
definitive. Per
i minori non accompagnati, si potrebbe invece pensare a famiglie
affidatarie anche nelle altre regioni italiane».
- Perché a suo avviso una situazione prevedibile è
diventata emergenza?
«Perché
fino ad adesso si è affrontata la situazione privilegiando il tema
della “sicurezza” (non quella dei migranti però…), rispetto
all’accoglienza. Parlo dell’approccio istituzionale, non di
quello, molto più umano, degli isolani. I
fondi ci sono, ma l’accoglienza è stata progettata con una
gestione volutamente al limite. Basti pensare che già due anni fa i
tecnici del Ministero fecero il sopralluogo per restaurare i
padiglioni del Centro bruciati nel 2011: nonostante fossero stanziati
anche i fondi, nulla è stato fatto, continuano a essere inagibili.
Tutto è sempre in emergenza: possibile che non si riesca ad avere
neanche un numero adeguato di coperte?».