Il lungo inverno dei bambini siriani
19/01/2014Cinque milioni e mezzo di minori stanno affrontando il gelo del Libano e della Giordania da profughi, mentre in Siria la guerra continua a infuriare. L'Unicef ha lanciato una gigantesca campagna per vaccinare 23 milioni di bambini.
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Un campo di profughi siriani sotto la neve.
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Taibe con figlio al momento della vaccinazione, Turchia 2013 (Foto UNICEF/Güler).
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Rifugiati appena arrivati al confine tra Siria e Giordania aspettano di essere trasportati nel campo profughi di Zaatari - Foto UNHCR/Leban-Mattei
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Una madre rifugiata siriana ad Amman, in Giordania, mostra le ferite sulla faccia di sua figlia dopo che è stata colpita da un vicino - Foto UNHCR/Leban-Mattei
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Questi bambini vivono in un piccolo appartamento alla periferia di Amman. La televisione è la loro unica fonte di intrattenimento. Seguono i canali siriani che mostrano immagini di violenza, distruzione e morte - Foto UNHCR/Leban-Mattei
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"Ho lasciato tutte le mie bambole in Siria quando sono partita per il Libano. Così mio papà mi ha fatto questa bambola con un pezzo di legno, su cui ho messo alcuni vestiti. Mi piace a mia nuova bambola, ma mi mancano quelle che ho lasciato in Siria. Mi mancano anche i miei amici". Noura, 7 anni - Foto UNHCR/E. Byun
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Ziad ha appena registrato il suo bambino con l'UNHCR e ha ricevuto un certificato di nascita giordano - Foto UNHCR/J. Konler
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"Aya, 8 anni, ha lasciato la scuola per la guerra. Sogna di diventare una pediatra" - Foto UNHCR/S. Baldwin.
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Mahmoud, 15 anni, non frequenta più la scuola da tre anni. Oggi il suo salario è di 60 dollari al mese. La sua famiglia dice che non può permettersi il lusso di mandarlo a scuola - Foto UNHCR/S. Baldwin.
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Un ragazzo che cerca lavoro nel campo profughi di Zaatari, in Giordania - Foto UNHCR/S. Baldwin
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"Questo disegno è stato fatto da un bambino di 9 anni mentre la sua famiglia stava per essere registrata a Tiro, in Libano. Il pullman che aveva preso per scappare dalla Siria era stato fermato da uomini armati per rapinare i profughi. Sulla destra del pullman, il bambino ha scritto la parola 'morte'" - Foto UNHCR/S. Baldwin
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I'tmad, 17 anni, vive in un rifugio collettivo per più di 700 persone in Libano - Foto UNHCR/E. Dorfman
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"Miriam, 11 anni, a destra, stava facendo colazione nella sua casa in Siria quando una bomba è caduta in cucina e sua madre è morta. E' stata affidata alla famiglia di sua sorella, fuori Beirut" - Foto UNHCR/E. Dorfman
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Rahab e i suoi figli nel loro appartamento a Qobayat, in Libano, in piedi attorno a una sedia vuota, con il mantello del loro padre. E' stato ucciso da una granata ad Homs, in Siria - Foto UNHCR/E. Dorfman
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Questa è una scena usuale nel campo profughi di Za'atari, in Giordania: bambini e ragazzi, anche di 7 anni, allineati nella speranza di trovare lavoro - Foto UNHCR/G. Beals.
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La ventinovenne Nasra guida una famiglia di 8 persone che vivono nel dolore. I suoi bambini passano la maggior parte del tempo a casa e non frequentano la scuola - Foto UNHCR/G. Beals
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Soundos, 9 anni, è stata colpito alla testa da una raffica di mitra nel giugno 2011. Vive in una tenda nel campo profughi di Za’atari. Il proiettile rimane nella sua testa poiché sarebbe troppo rischioso rimuoverlo - Foto UNHCR/G. Beals
Taibe vive insieme ai
suoi sei figli nel campo profughi di Nizip, nel Sud-est della
Turchia, da quando è scappata dalla città siriana di Edlib. È una
delle mamme che sta aspettando silenziosamente il proprio turno per
vaccinare i bambini nell’ospedale allestito appena fuori il campo.
Ha in braccio il figlio più piccolo, 11 mesi, che guarda senza
capire il poster in arabo appeso all’ingresso per pubblicizzare
l’iniziativa: «Noi lo abbiamo saputo al campo, grazie ai frequenti
annunci degli speaker. Sono venuta perché a causa dello scoppio
della guerra gli mancavano alcune vaccinazioni».
Al momento del suo
turno, la puntura al piccolo avviene senza versare neanche una
lacrima. Taibe ha beneficiato della più grande campagna di
vaccinazioni in Medio Oriente lanciata dall’Unicef all’inizio di
dicembre 3013, con l’obiettivo di immunizzare più di 23 milioni di
bambini in Siria e nei Paesi vicini. La paura è un’epidemia di
malattie virali. Nella seconda metà di novembre, infatti, 17 bambini
sono rimasti paralizzati a causa della polio: prima di questi, in
Siria non era stato registrato alcun caso dal 1999.
«Il conflitto –
spiega Ala Alwan, direttore regionale Oms, che sta collaborando con
l’Unicef – ha impedito di vaccinare tra 500 e 700 mila bambini.
Per sradicare la polio, dobbiamo eliminare i problemi che
compromettono il raggiungimento dei bambini. Chiediamo a tutte le
parti coinvolte di cooperare e facilitare alcune tregue durante i
prossimi mesi per portare a termine la campagna».
Nel frattempo, si sta
abbattendo sui rifugiati anche il “Generale Inverno” che ha
imbiancato la Turchia e il Medio Oriente. Vuol dire che nei campi non
si riesce ad accendere il fuoco per preparare da mangiare: la legna
non brucia, l’acqua e le tubature ghiacciano. «Quando si
aggiungono il freddo e la pioggia – aggiunge Maria Calivis
dell’Unicef – i bambini sotto i cinque anni sono particolarmente
vulnerabili alle infezioni respiratorie acute che si diffondono
facilmente in ambienti sovraffollati».
Così 5 milioni e mezzo
di bambini siriani – 4,3 milioni sfollati all’interno della
Siria, 1,2 nei paesi confinanti – stanno affrontando il duro
inverno. Lo scorso anno, quando sono state registrate le temperature
più fredde del decennio, 1.150.000 erano i bambini colpiti dalla
crisi all’interno del paese e 232 mila oltre confine. Quindi, sono
quintuplicati in un anno.
Per l’agenzia Onu per
l’infanzia, la situazione è particolarmente difficile in Libano,
dove più di 400 mila bambini hanno trovato rifugio su terreni a
rischio esondazione. Le tende e le latrine potrebbero essere inondate
dalla pioggia, aumentando l’esposizione a malattie trasmissibili
dall’acqua. Qui, l’Unicef sta distribuendo 88.000 kit di
abbigliamento invernale e lavora per rafforzare i sistemi di scarico
e per installare caldaie per l’acqua calda. In Iraq e Turchia sta
invece fornendo 370 tende invernali per le aule e gli “spazi a
misura di bambino”, insieme al carburante per il riscaldamento. Già
prima dell’arrivo del freddo il numero di bambini rifugiati che non
andavano a scuola era più alto di quelli che la frequentavano.
Nadia, scappata in Giordania, dice: «Le nostre vite sono distrutte.
Non riceviamo alcuna istruzione, e senza istruzione non può esserci
niente. Ci stiamo dirigendo verso la distruzione».
Secondo “Il futuro
della Siria, bambini rifugiati in crisi”, pubblicato dall’Unhcr,
il 29% dei minori come Nadia esce dalla propria casa una volta alla
settimana o anche meno. Questa casa è spesso un appartamento
sovraffollato, un alloggio di fortuna o una tenda. Il rapporto
evidenzia come i 33 mesi di guerra, più di mille giorni, abbiano
lasciato profonde cicatrici sui bambini.
Oltre alle lesioni
fisiche, molti di loro stanno crescendo in famiglie separate: 70 mila
famiglie vivono senza padre e oltre 3.700 minori sono divisi da
entrambi i genitori. Scrivono i ricercatori Unhcr: «Rabbia e altre
reazioni emotive sono molto comuni: durante discussioni di gruppo,
diversi ragazzi hanno espresso il desiderio di rientrare in Siria per
combattere».
Un’ulteriore,
allarmante, conseguenza della crisi è l’elevato numero di bambini
nati in esilio e senza certificati di nascita: secondo l’Agenzia,
sono il 77% dei nati nei campi del Libano. Con la disperazione dovuta
alla guerra, si diffonde poi anche il lavoro minorile: sia in
Giordania che in Libano i ricercatori hanno trovato bambini di 7 anni
che lavorano per ore in cambio di un magro salario, talvolta anche in
condizioni di pericolo o di sfruttamento. Nel campo rifugiati di
Zaatari, in Giordania, la maggior parte dei 680 negozi e attività
impiega bambini. I risultati di un accertamento effettuato in 11 dei
12 governatorati della Giordania mostrano che quasi una famiglia di
rifugiati su due fa affidamento – in parte o interamente – sul
reddito prodotto da un minore.