«Il mio cuore batte per…» La guerra raccontata nei disegni dei bambini siriani
31/01/2016Un cuore sanguinante con i colori della bandiera siriana e il sogno idilliaco di un parco giochi. Barche strapiene circondate da grossi pesci e salvataggi delle navi italiane. Prigioni, bombe dal cielo e mostri con i denti aguzzi. Sono le immagini della guerra siriana, giunta alla fine del suo quinto anno, raccontata attraverso le emozioni e gli occhi dei bambini che hanno dovuto lasciare la propria casa.
Dall’ottobre 2013 ad oggi, la città di Milano, unica in Italia a fare una scelta di questo tipo, ha accolto nei propri dormitori oltre 85 mila profughi in transito, di cui 12 mila minori.
Per la maggior parte si tratta di famiglie siriane, che dopo qualche giorno sono ripartite verso il Nord Europa. Durante la sosta nel capoluogo lombardo, la Fondazione Albero della Vita ha raccolto i disegni e le parole dei bambini, in collaborazione con l’Unità di ricerca sulla resilienza dell’Università Cattolica, e ha realizzato la mostra “In Viaggio Verso Il Futuro – Storie di bambini siriani in transito”, visitabile fino al 7 febbraio all’ex Fornace (Alzaia Naviglio Pavese 16, Milano). Si tratta di un viaggio geografico, temporale, ma soprattutto emotivo, che si conclude con un grosso punto di domanda sul futuro.
Casa, guerra, viaggio e accoglienza sono le quattro aree tematiche dell’esposizione. Si inizia dalla casa, dalla terra da cui si è scappati e in cui ci sono le radici, la storia, gli affetti. I disegni parlano di un luogo dove poter giocare con i propri amici, andare a scuola, «chiacchierare con il proprio angelo custode» (scrive un ragazzino) e dare un bacio alla mamma.
Poi la guerra, che ha costretto oltre metà dei siriani a fuggire dalla propria abitazione, divenendo profughi o sfollati. Ranea, una madre transitata da Milano insieme ai due figli, ha spiegato: «Vengo da Deir Ezzor. Avevamo due alternative: restare rischiando di morire di fame o di essere rapiti durante gli scontri tra il regime e gli jihadisti, oppure rischiare la vita con la fuga verso l’Europa».
In un attimo, grazie ai tratti di pastello dei bambini, ci si ritrova in balia delle onde, del buio e della sete, nel mezzo di un viaggio che spaventa e che si affronta solo con zainetti sulle spalle. Fino all’approdo sulle nostre coste: «Siamo salvi!». E poi l’arrivo alla Stazione Centrale di Milano e nei centri di accoglienza: «Ahlan ua sahlan», «Benvenuto», si sentono dire. Ma il viaggio non è ancora finito, continua verso nord, come i sogni dei bambini: «Vorrei poter andare a scuola», «Vorrei essere un calciatore».
In oltre due anni, la Fondazione Albero della Vita ha incontrato 10.320 piccoli profughi al mezzanino della Stazione e nei centri di accoglienza comunali gestiti da Arca e Farsi Prossimo, dove ha allestito degli spazi dedicati ai bambini. A partire dallo scorso giugno, il Comune di Milano ha ottenuto che Grandi Stazioni mettesse a disposizione uno spazio, precedentemente utilizzato come dopolavoro ferroviario, per allestire quello che oggi è noto come Hub. Si tratta di uno spazio dove i profughi in transito possono ricevere una primissima accoglienza, per poi ripartire o essere indirizzati verso i centri di accoglienza. Anche qui Albero della Vita ha attrezzato un’area per i più piccoli.
Spiega il presidente Ivano Abbruzzi: «Accogliere è il tratto che connota l’intervento. All’interno i bambini possono percepire di essere in un posto felice e di essere considerati come persone importanti. Lo spazio è sempre colorato, offre varie possibilità di sfogo, gioco ed espressione e viene decorato e reso bello dai bambini stessi».
Puntare sulla resilienza vuol dire dare in mano ai bambini carta crespa, pennarelli e colla: «Vengono incoraggiati a provare da soli e a fidarsi delle proprie capacità: imparano a usare le forbici, a colorare, disegnare e a condividere».
Qui, tra un disegno e gioco, la quattordicenne siriana Nur ha scritto una poesia, poi inserita nella mostra. Dice: «Il mio cuore batte per la mia terra, per tutti i miei amici che sono ancora là e che un giorno spero di rivedere… Il mio cuore batte per i miei nonni, per la gente del mio quartiere, e per tutte le persone che, come me, sperano di vedere la pace».
Stefano Pasta