In gita di classe da cent'anni
23/11/2013Un secolo fa la inventò il Touring. Da allora generazioni di studenti hanno girato l'Italia e l'estero grazie al viaggio d'istruzione. Ecco alcune istantanee tratte dall'archivio del Tci. Un ampio servizio su Famiglia Cristiana n. 47, in edicola questa settimana.
La gita scolastica compie cent’anni tondi, tondi. A festeggiarla, addirittura con un Festival che s’è svolto di recente a Trieste, è stato il Touring Club Italiano, l’inventore, potremmo dire, del viaggio d’istruzione in Italia.
Correva l’anno 1913, infatti, quando il Tci, con l’intuizione di chi faceva viaggiare le idee assieme alle gambe, pensò che scuola e turismo dovessero incontrarsi perché l’Italia con le sue bellezze uniche era una straordinaria enciclopedia a colori, un romanzo mozzafiato da leggersi col naso all’insù. Così in quell’anno il Tci costituì il primo “Comitato nazionale del turismo scolastico”, per diffondere la cultura del viaggio nelle scuole del Regno. Città d’arte e montagna, soprattutto, diventano per la prima volta mete di scolaresche provenienti da ogni dove.
Con la fine dell’ultimo conflitto, il Touring riprese questo impegno, organizzando direttamente, con le sue sezioni locali, le uscite di istruzione in collaborazione con scuole e insegnanti. Resterà agli annali la gita realizzata dall’associazione alla Certosa di Pavia nell’aprile del 1947, che coinvolse 1200 studenti milanesi e 470 pavesi, al seguito di presidi e professori. Ne parlarono la stampa nazionale e la radio.
Dagli anni ’60 cambia tutto: col boom economico e demografico, la gita scolastica diventa veramente di massa e al Tci, nell’organizzazione, subentrano le agenzie di viaggio. Dalla semplice uscita cittadina di poche ore le mete si internazionalizzano. Oggi Praga, Barcellona, Berlino, Londra e Parigi, nell’ordine, sono le città estere più amate dagli studenti italiani. Roma, Firenze e Venezia continuano ad essere, invece, le “capitali” indiscusse del turismo scolastico dentro i nostri confini.
La crisi economica e i tagli alle spese per l’istruzione pubblica stanno, però, mettendo in dubbio il futuro di questa occasione di socializzazione e arricchimento culturale. L’abolizione governativa delle, peraltro, misere ‘indennità di missione’ che in qualche modo ripagavano gli insegnanti delle fatiche e dalla responsabilità sui minori accompagnati, ha depresso molto le iniziative di questo tipo. Risultato? Di gite di classe se ne fanno sempre di meno. La Fiavet (Federazione italiana associazioni imprese viaggi e turismo) ha denunciato un calo del ’70 per cento dei viaggi-studio nell’ultimo anno scolastico, che metterebbe, tra l’altro, a rischio la sopravvivenza di tremila imprese italiane specializzate nel turismo d’istruzione, con i loro 10 mila addetti e un fatturato di 450 milioni di euro.
Addio gita scolastica, allora? “No, ma il turismo a scopo didattico va profondamente ripensato”, afferma Franco Iseppi, presidente del Tci. “Il viaggio d’istruzione non può esser più quello di una volta, e cioè un’occasione per andare solo a vedere un luogo sconosciuto. Il più delle volte, ormai, quel luogo s’è già visto. Sia esso il Colosseo che il Delta del Po, questo va interpretato, compreso fino in fondo, vissuto. E’ questa valenza culturale che dovrebbe salvare la gita scolastica, al di là anche degli obiettivi didattici specifici: il viaggio dovrebbe essere itinerario di crescita, anche civile, percorso di cittadinanza, di integrazione”. Ma se fosse un’insegnante, che proporrebbe? “Per esempio m’immaginerei una trasferta in Sicilia con don Ciotti e “Libera”; a Milano partirei visitando il la Torre di Unicredit e parlerei di Expo; proporrei magari di ripercorrere a piedi la Via Francigena; m’affascinerebbe un viaggio lungo le coste archeologiche del Paese”.
Iseppi confessa che da studente, come la gran parte dei ragazzi della sua generazione, più che viaggi reali, “doveva viaggiare con l’immaginazione”. Ce ne vorrebbe, forse, troppa per pensare alla scomparsa della classe… “turistica”.