L’Africa chiama e la telemedicina italiana risponde
14/07/2015Nata dall’esperienza dei centri Dream della Comunità di S. Egidio, la Global Health Telemedicine è una onlus che, attraverso un sofisticato software, fornisce diagnosi ai centri medici dei Paesi in via di sviluppo.
Un pool di cardiologi, dermatologi, radiologi, infettivologi, epatologi e neurologi che offrono un servizio gratuito di teleconsulto medico ai Paesi in via di sviluppo. È questa la mission della Global Health Telemedicine, una onlus nata due anni fa dall’esperienza del programma Dream, avviato nel febbraio 2002 dalla Comunità di Sant’Egidio per curare l’Aids e la malnutrizione in Africa, con un approccio globale.
Si tratta di un sistema di globalizzazione della Sanità che vuole offrire un aiuto concreto ai centri clinici africani che, in questo modo, possono ricevere referti di esami strumentali e indicazioni diagnostiche e terapeutiche su diversi casi clinici. «Come spesso succede, l’idea nacque da un’esigenza reale che si presentò quando incontrai Francisco, un bambino di 7 anni con una emi-paresi cerebrale», commenta Michelangelo Bartolo, angiologo, direttore dei programmi di telemedicina della Comunità di Sant'Egidio e segretario generale della Global Health Telemedicine (Ght). «Quando lo conobbi, Francisco non riusciva né a camminare né a parlare. Portava con sé il referto di una tac, arrotolato sotto il braccio, ma l’esame in sé non era sufficiente a fare una diagnosi. Probabilmente la paralisi era una conseguenza della malaria, ma c’era bisogno del parere di uno specialista. Con molta difficoltà feci una foto che riuscii ad inviare per ottenere una diagnosi. Quell’episodio mi spinse a trovare un modo per mettere in contatto i centri con gli specialisti».
Il software che permette la connessione e il coordinamento della rete di telemedicina si trova ha i suoi terminali nei dodici centri Ght disseminati in Africa, l’ultimo dei quali è stato aperto in Togo lo scorso aprile.
Ogni centro remoto deve installare il software gestionale su un pc con una connessione a internet e adibire la propria postazione con una strumentazione specifica. Quando c’è bisogno di un teleconsulto, si inserisce a sistema un elettrocardiogramma, una fotografia, un esame del sangue o qualsiasi altro referto. C’è un collegamento costante tra i centri africani e gli specialisti. Una volta partito il pre-consulto, le richieste arrivano ai medici in rete e il primo disponibile dà una risposta entro 24 ore, nella lingua richiesta.
Il passo successivo consiste nel dare indicazioni diagnostiche e terapeutiche. Il medico può collegarsi alla farmacia dei centri per vedere se c’è un farmaco adatto alla cura e prescriverlo oppure, in caso contrario, cercarlo altrove.
Le potenzialità del sistema sono elevatissime e presto ci saranno nuove sezioni di teleconsulti dedicate ad altre branche specialistiche quali l’oculistica, la chirurgia e la pediatria. «La telemedicina è un nuovo modello di cooperazione ad alto impatto e basso costo che sta andando molto bene», conclude Michelangelo Bartolo. «Alle richieste può rispondere più di uno specialista e stiamo cercando altri medici volontari che vogliano prestare gratuitamente il loro aiuto. Purtroppo, gli strumenti terapeutici a disposizione dei centri sono limitati, ma fare una diagnosi è già abbastanza».
Dalle esperienze di Michelangelo Bartolo come medico volontario in Africa, sono nati due libri “La nostra Africa” e “Sognando l’Africa in Sol maggiore”, entrambi editi da Gangemi e vincitori di numerosi premi letterari. Il ricavato della vendita dei libri, finanzia i progetti della Global Health Telemedicine.
Patrizia Ruscio