«I nostri cellulari, i nostri tablet o computer sono tutti sporchi di sangue. Sangue di chi viene sfruttato, ucciso e violentato nella Repubblica democratica del Congo per estrarre il coltan. Questo sconosciuto minerale è il principale elemento con cui vengono fabbricati i nostri amati apparecchi elettronici.
La Repubblica democratica del Congo detiene l'80% della produzione mondiale. Praticamente tutti i colossi dell'elettronica si forniscono del coltan “congolese”, una volta esportato e “ripulito” nei Paesi limitrofi: Burundi, Uganda e Ruanda».
A parlare è l’europarlamentare
Gianni Pittella, capogruppo dei Socialisti e Democratici. Il 20 maggio l’Europarlamento voterà la norma che
deve rendere tracciabili i minerali preziosi come il coltan congolese.
L’on. Pittella si è schierato dalla parte delle oltre 100 realtà della società civile che chiedono regole precise e stringenti per queste importazioni.
«Un'industria, quella del coltan, che
basterebbe a rendere il Congo uno dei più ricchi al mondo», continua Pittella, «ma che invece
finanzia una guerra tra bande e guerriglieri che fanno dello stupro di donne e bambine la loro arma di distruzione umana e sociale. Una guerra silenziosa che ha causato negli ultimi anni milioni di morti».
‒ C’è chi ritiene che la cosa ci riguardi poco…
«Noi viviamo nella nostra bolla di benessere senza sapere o senza voler sapere chi paga realmente il conto.
Poi ci stupiamo se migliaia di disperati sono disposti a rischiare la vita nel mar Mediterraneo pur di scappare da queste realtà in Africa. Almeno questo ci riguarda».
‒ Lei ne ha fatto una battaglia politica. Perché?
«L´Europa non può chiudere gli occhi e far finta di non sapere. Mercoledì il Parlamento europeo sarà chiamato a pronunciarsi su una proposta legislativa che
potrebbe rivoluzionare l’industria mondiale dell’elettronica attraverso una norma che renda obbligatoria e vincolante la tracciabilità su tutta la catena produttiva dei minerali».
‒ Di recente lei è stato in Congo, insieme a un gruppo di europarlamentari Socialisti e democratici. Con quale esito?
«Nel corso della nostra missione abbiamo constatato che dal primo ministro congolese al premio Sakarov, il dottor Mukwege, dai minatori alla Chiesa locale, all´Arcivescovo,
tutti hanno avanzato la medesima richiesta: che l´Europa si doti di questa legge. Ciò nonostante, il Parlamento europeo è ancora diviso».
‒ In che senso?
«Il Partito popolare e i Liberali chiedono un precetto facoltativo per tutte le aziende, salvo quelle del segmento “upstream”, ossia raffinerie e fonderie.
Una proposta che piegherebbe l’Europa agli interessi delle grandi multinazionali. Il settore europeo delle fonderie e della raffinazione rappresenta solo il 5% del mercato mondiale.
La proposta popolare inciderebbe solo su 19 operatori. Il vincolo dell´obbligatorietà su tutta la catena invece condizionerebbe le 340 imprese del settore upstream a livello mondiale».
Luciano Scalettari