Lo Porto, il dolore silenzioso della famiglia a Palermo
24/04/2015
Cronisti e curiosi davanti alla casa di Giovanni Lo Porto, il cooperante rapito il 19 giugno 2012 al confine tra Pakistan e Afghanistan. Giancarlo, come lo chiamavano amici e familiari, è morto all'inizio di gennaio, durante un raid statunitense contro Al Qaeda - nell'area in cui era stato sequestrato - insieme all'ostaggio americano Warren Weinstein. In via Pecori Giraldi 3, a Palermo, dove la madre Giusi, 59 anni, vive con due dei cinque figli, Nino e Giuseppe, la porta di casa al pianterreno è sbarrata ai cronisti. Siamo il quartiere Sperone, periferia della costa sud palermitana, al confine con il più noto quartiere di Brancaccio, dove fu ucciso don Pino Puglisi. Dopo la notizia della morte, ha fatto solo una fugace apparizione Giuseppe, nel tardo pomeriggio, per guardare storto chi tra i cronisti gli chiedeva cosa provasse in un momento come questo. Quando gli è stato riferito che il presidente degli Stati Uniti aveva mandato le condoglianze alla famiglia, si è allontanato con un secco: «Grazie». Un altro fratello, Daniele, si è fatto una famiglia e vive a Pistoia dove risiede anche il padre, divorziato da una quindicina d'anni. Rosa Lo Nardo, che vive nel palazzo ed è una vecchia amica di famiglia, riferisce le parole della signora Giusy: «lasciatemi con il mio dolore...».