L’11 febbraio, Sofienne, un giovane siriano, ha realizzato un cappio con un lenzuolo, lo ha annodato alle sbarre delle finestre del
Cie di Trapani Milo e ha tentato di togliersi la vita. Alla fine, un poliziotto è riuscito a dissuaderlo. «Al Cie di Trapani Milo hanno tagliato anche le mutande. La
situazione è al limite del collasso, è un inutile luogo di sofferenza». È questo il giudizio dell’equipe di
Medici per i Diritti Umani che il 24 gennaio scorso ha visitato la struttura inaugurata a metà 2011. C’erano 183 trattenuti, a fronte di una capienza massima di 204. Ne parliamo con
Marco Zanchetta.
Che situazione avete trovato?
«
L’ente gestore del centro, Consorzio Oasi, non è più in grado di garantire gli stipendi dei propri dipendenti, coperti fino a novembre solo grazie ad uno stanziamento diretto della Prefettura, mentre del mese di settembre aspettano ancora il 50%. Negli ultimi mesi, ci sono stati due bandi per la gestione con due concorrenti: entrambe le volte, l’uno è stato escluso per concussione mafiosa, l’altro per mancanza di garanzie sindacali. Ora il Prefetto ha annunciato la chiusura per ristrutturazione da inizio marzo. Tutto ciò ha ripercussioni gravi sulla vita dei trattenuti.
La gestione del centro non riesce a garantire servizi e beni di prima necessità: mancano i detersivi per pulire i pavimenti, le penne e la carta per gli operatori, il sapone per lavarsi. I kit dati all’ingresso, contenenti i beni di prima necessità e la biancheria intima, sono assenti o drasticamente ridotti. L’ultimo taglio riguarda le mutande: non più 4, ma 1. Abbiamo inoltre riscontrato una
grave carenza di farmaci e strumentazione sanitaria, quali le siringhe per l’insulina, mentre ad un trattenuto che doveva essere trasferito in ospedale è stato chiesto di pagarsi l’ambulanza. Accanto a problemi di gestione (situazioni simili c’erano anche nei Cie di Bologna e Modena, prima gestiti da Oasi e ora chiusi), questa situazione è la conseguenza della
scelta del Ministero di fare bandi a ribasso economico;
a Trapani, l’ente riceve 27 euro al giorno per ogni trattenuto».
Trapani-Milo è famoso per le fughe; nel Rapporto sulla vostra visita precedente, parlavate di 13 tentativi di fuga in 3 ore, annunciati dagli altoparlanti del centro.
«La situazione è uguale, segnata dalla tensione che fa dei Cie «
una polveriera inesplosa». In una struttura dove sono del tutto assenti spazi ed attività di svago, «l’attività ricreativa dei trattenuti è pensare a come fuggire», come affermato da un dipendente. L’ultima fuga è avvenuta appena la sera precedente la nostra visita, l’impressione è che le fughe siano quasi una valvola di sfogo. Dall’inizio del 2013 ad oggi sono state trattenute nel Centro 1358 persone e si sono verificate ben 800 fughe (quasi il 60%), a fronte di 162 migranti rimpatriati (il 12%), di cui 25 cittadini comunitari. I numeri parlano di una
palese inefficacia, alla faccia della retorica sui Cie… Tra l’altro, tutto ciò avviene a fronte di una presenza massiccia dell’esercito, in tenuta antisommossa, dei carabinieri e della polizia».
Da un punto di vista medico, avete individuato dei casi particolarmente critici?
«Sì, un cittadino tunisino di 53 anni in uno stato di abbandono e di sofferenza psicologica tali da impedirgli le cure essenziali della propria persona. Ripeteva ossessivamente che era stato trattenuto per un periodo complessivo di «17 mesi e 5 ore». Abbiamo poi incontrato un cittadino tunisino di 30 anni che non riusciva a muovere le dita della mano sinistra ed era obbligato a chiedere aiuto agli altri trattenuti per lo svolgimento delle attività quotidiane. Durante i tre mesi di trattenimento, quest’uomo ha già tentato due volte il suicidio. Come denunciato più volte, è forte poi anche l’abuso di psicofarmaci.
A Trapani, c’è un medico ma non pubblico, dipendente da Oasi.
Nei Cie abbiamo privatizzato tutto, la gestione, così come la sanità.
A nostro avviso, è profondamente sbagliato: come avviene in carcere, dovrebbero essere i medici del Servizio Sanitario nazionale a poter accedere nel Cie».
Avete denunciato anche la presenza di richiedenti asilo politico?
«Sì, a Trapani, circa il 62% dei trattenuti risulta essere richiedente asilo, con la presenza tra questi di 78 cittadini del Gambia, trasferiti nel Cie immediatamente dopo gli sbarchi dei primi giorni di gennaio. Per questi migranti forzati, in fuga da un Paese responsabile di gravi violazioni dei diritti umani,
il Cie ha svolto la funzione impropria di Centro di prima accoglienza, privandoli di ogni tutela e sottoponendoli ad un’ingiustificata privazione della libertà personale».