Armati di bandiere della pace e dei diritti umani, dell’Europa e dell’Onu si sono infilati nelle trincee infangate del monte Sabotino e del San Michele, del Kolovrat e del Brestovec, sono andati da Monfalcone ai cimiteri di Redipuglia.
Sotto una pioggia battente hanno ascoltato le storie dei giovani trucidati in quei luoghi e hanno invocato la pace per tutti quelli che anche oggi sono sotto le bombe; hanno condiviso una grande pagnotta di pane e hanno riflettuto sul valore di quel gesto, hanno suonato, cantato e urlato con tutto il fiato in gola.
A cento anni dalla Dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria, i ragazzi e le ragazze hanno concluso il loro
Meeting nelle trincee della grande guerra con una Dichiarazione di Pace all’Europa e al mondo.
«Noi, giunti sui luoghi dove cento anni fa centinaia di migliaia di persone persero la vita in scontri fratricidi, determinati a sradicare la guerra dal nostro secolo, dichiariamo la pace all’Europa e al mondo.
Consapevoli delle violenze in corso e delle minacce che incombono, ci impegniamo a far venire meno ogni causa di guerra durante la nostra vita e ad essere attivamente costruttori di pace promuovendo il rispetto di ogni essere umano nei suoi diritti e la sua identità, e eliminando ogni tipo di ingiustizia.
Rifiutiamo la concorrenza tra esseri umani e tra Paesi, e scegliamo la via della cooperazione tra tutti, della solidarietà e dell’aiuto mutuo in ogni campo.
Avendo preso coscienza che, vivendo in un mondo di risorse naturali limitate, con una popolazione quadruplicata sin dall’inizio della Grande Guerra e triplicata sin dalla fine della Seconda guerra mondiale, siamo ormai tutti interdipendenti, decidiamo di gestire con saggezza e equità queste risorse cosi come il prodotto del lavoro umano a beneficio di tutti a ciascuno, traducendo nei fatti la dichiarazione universale dei diritti umani.
Rinunciamo alla violenza come mezzo per risolvere i conflitti tra individui e tra popolazioni.
Ci consideriamo responsabili gli uni degli altri e cercheremo di proteggere chi è vittima o minacciato di abuso o di violenza dovunque esso accada».
Il sindaco Furio Honsell ha ricordato, dal colle del castello che domina la Città davanti a migliaia di studenti, come «Udine sia stata chiamata un secolo fa città della guerra.
Un titolo vergognoso, crudele e tremendo cui voi avete riparato con il vostro impegno. Un impegno quotidiano a costruire la pace essendone pienamente responsabili».
«Mi auguro che l’anniversario dei cento anni della grande guerra», ha scritto Franco Marini, Presidente del Comitato Storico-Scientifico per gli anniversari di interesse nazionale,
«possa servire ad allargare la conoscenza di un evento che ha segnato indelebilmente la storia italiana e mondiale e consenta la
diffusione di una cultura della pace che non vuole essere solo rifiuto dell'uso delle armi ma adesione personale e collettiva all'idea che occorrono ponti e non muri tra le persone».
Una iniziativa che ha avuto anche il
sostegno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha voluto evidenziare l’alto significato dell’iniziativa in messaggio inviato agli organizzatori:
«Essere costruttori di pace è nel nostro tempo una qualità che ci viene richiesta come cittadini, come persone che vogliono essere protagoniste del proprio domani», ha scritto il Presidente della Repubblica. «Non c’è democrazia che possa sopravvivere alla violenza e alla sopraffazione, alla logica del nemico e del conflitto insanabile.
La fratellanza e la concordia sono valori morali e civili che una comunità deve saper trasmettere e che ogni agenzia educativa deve saper porre a tema».
Andrea Ferrari