Il carro armato che spara, colorato dal pennarello verde di Yazan, è l’immagine del quinto anno di guerra in Siria. Yousef, invece, disegna un bambino stilizzato e nero, con una macchia rossa: è a terra, sanguinante, mentre un adulto pure nero gli punta un’arma contro. Intanto, diluvia.
Le foto satellitari, scattate a 500 miglia sopra la Terra, mostrano che l’83% delle luci siriane si sono via via spente dal 2011 ad oggi. E infatti, il nero è un colore ricorrente tra i
disegni raccolti da Save the Children in “Segni indelebili”.
Gli autori sono i bambini in transito a Milano tra il maggio 2014 e il gennaio 2015, diretti verso i paesi del Nord Europa. Lo scorso anno, oltre
42.300 siriani, fra cui 11.000 bambini, hanno raggiunto l’Italia dopo campi profughi, vetture di trafficanti e barconi stipati all’inverosimile.
A Milano, Save the Children ha organizzato delle attività ludico-ricreative per i minori che, al seguito di nonni, padri e madri, trascorrono ore alla Stazione Centrale, in attesa di essere accompagnati nei dormitori del Comune per qualche giorno di sosta.
Saria, più grande degli altri e capace di scrivere anche in inglese, ha disegnato in nero il mezzanino della stazione, scrivendo: «Thanks Italy».
Nei disegni c’è tutto il percorso dei profughi. I caccia che bombardano, i carri armati, le case distrutte. Poi la rotta, coi pullman attraverso il deserto libico.
Quindi i barconi, molti barconi, coi passeggeri in pancia o sopracoperta; grandi come cargo o piccole come gozzi, col mare calmo e azzurro oppure nero di tempesta.
Vittoria Ardino, presidente della Società italiana per lo studio dello stress traumatico, ha analizzato i disegni con gli indicatori emotivi di Koppitz, un metodo scientifico. Commenta:
«Le immagini raccontano le sofferenze e le fatiche dei minori, ma anche il loro sguardo indietro alla terra d’origine. Non sempre è tracciata come luogo di crudeltà, ma anche come spazio di verde, acqua e serenità, come se fossero rimasti appesi al “prima”, nella speranza di ritornare come nulla avesse perturbato quell’armonia».
Altri bambini tentano addirittura di normalizzare il conflitto: il “corpo” di un caccia che bombarda una città, tutta nera, è un bel sole giallo; i carri armati sparano, eppure sono colorati.
Secondo l’esperta di stress traumatico, è questo uno degli effetti più gravi: la guerra sta diventando “una normalità”, mentre in oltre cinquecento disegni non c’è alcuna scena che rievochi il mondo della scuola.
«Da tempo non fa più parte del loro vissuto», spiega l’Ong. Del resto, per l’Unhcr un quarto delle scuole siriane sono state distrutte o riconvertite in alloggi per chi ha perso la casa,
2.400.000 bambini rimasti in Siria non vanno a scuola e, tra i due milioni di minori rifugiati nei paesi confinanti, oltre la metà non riceve alcuna forma di istruzione.
Tuttavia, nei disegni raccolti da Save the Children non mancano i segni di speranza, che mostrano una capacità di resilienza talvolta superiore a quella degli adulti. Gli stessi operatori dell’associazione sono rimasti stupiti
nel veder comparire tra i fogli un buon numero di fiori, farfalle e cuoricini.
Infine, c’è un disegno che forse riassume meglio di tante parole il dibattito sui chi fugge dalla guerra. Una barca piena di bambini e “grandi”, che salutano e piangono (si vedono le lacrime sui visi), mentre in cielo brilla un sole ancora giallo e il mare è ondeggiato ma celeste: il dolore e insieme la speranza del viaggio.
Stefano Pasta