Vent'anni fa, il 15 luglio 1997, veniva ucciso a colpi di pistola da un delinquente tossicodipendente, sugli scalini d'entrata della sua villa di Miami Beach, Gianni Versace, uno dei più grandi stilisti e imprenditori italiani. La sua genialità nel rinnovare, negli anni del grande made in Italy, la moda internazionale è riconosciuta da tutti. Amava il bello, l'arte della sua terra, l'architettura, e ogni stimolo metteva nei suoi abiti super femminili, nei ricami e nelle fantasie ricche, preziose e barocche, ma mai eccessive. Da Claudia Schiffer a Naomi Campbell, da Linda Evangelista a Carla Bruni, mai donne più belle si sono viste sulle passerelle che alle sue sfilate. Valorizzate nella loro eleganza statuaria come quasi nessun altro stilista è mai più riuscito a fare.
«Voglio credere e sperare che sia stato fatto tutto quello che era possibile per capire cosa ci sia stato dietro il suo omicidio. Certamente eclatante e di difficile lettura. Lo spero davvero perché a me le ombre non sono mai piaciute. Ognuno merita attenzione. E Gianni Versace, sono certo, che meriti ancora di più». Lo ha dichiarato all'opinionista Klaus Davi il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo in occasione di questo ventennale della morte dello stilista.
«Non ho mai conosciuto Gianni Versace. Ricordo solo che mia nonna diceva fosse un genio. Lo riteneva stravagante ma certamente un genio. Mia madre lo ha invece conosciuto e credo abbia ancora una sua splendida creazione. Non mi è mai piaciuto, da calabrese, che di lui si parlasse poco in Calabria. Questa è terra di persone straordinarie, conosciute e apprezzate in tutto il mondo. Ma la Calabria non vuole bene a se stessa. Gli stessi calabresi non hanno ancora capito che sono proprio loro la risposta ai mali di questa terra. È gravissimo che si consenta ancora di parlare di Calabria solo quale capitale mondiale della ‘ndrangheta, che sembra divenuto l'unico marchio da esportare. Non è così. E non è questo il modo per creare una vera, radicata coscienza antimafia. L'antimafia è quella dei fatti, della gente che lavora, dei cervelli che hanno lo spazio per creare e gettare le basi per un futuro diverso. Gianni Versace era questo ed è triste che lo si ricordi più in America o a Milano rispetto a quanto faccia la sua terra di origine, che dovrebbe essergli grata per sempre. Penso dipenda soprattutto dalla incapacità dei calabresi di apprezzare fino in fondo chi agisce da uomo libero, scevro da condizionamenti, senza essere confinato fisicamente o imbrigliato in ridicoli localismi. Mi rimane la speranza che non sia troppo tardi per rendergli merito». Foto Reuters.