Liturgia del giorno:
1 Cor 9, 16-19.22-27; Sal 83; Lc 6, 39-42.
Il soprannome Crisostomo «bocca d’oro», ci dice l’eloquenza di questo Dottore della Chiesa: Giovanni d’Antiochia, nato in Siria dove la famiglia si era trasferita per seguire la carriera dal padre funzionario imperiale, dopo i 18 anni si immerge nello studio della Bibbia, prima in comunità e poi, per lunghi anni, in solitudine. Sembra votato alla vita eremitica, ma il suo vescovo lo ordina sacerdote nel 386 e gli affida la predicazione, che è la sua strada, armato com’è di sapienza biblica: spiegata da lui, la Scrittura arriva al credente come un messaggio personale di stimolo, di ammonimento e di guida, o talvolta come pugno nello stomaco, perché lui va sempre giù deciso contro ipocrisie e corruzione. Così diventa presto popolarissimo. Nel 398 è consacrato Patriarca di Costantinopoli, la capitale orientale dell’Impero. L’effetto della sua predicazione è straordinario: egli parla dei primi cristiani che ignoravano «gelide parole come tuo, mio», entusiasma i ceti popolari e il clero più integro col pronto aiuto ai poveri, con gli ammonimenti all’alto clero a alla corte per i loro vizi e con la durezza contro gli abusi di preti e monaci. Lo seguono molti vescovi, ma altri lo osteggiano ottenendo l’appoggio dell’imperatrice Eudossia; così, per iniziativa di un’assemblea di vescovi, prontamente accolta dalla corte, nel 404 Giovanni viene esiliato, prima in Bitinia, poi in Armenia, e infine ai piedi del Caucaso, mentre il clero a lui fedele è spodestato e perseguitato. Muore il 14 settembre 407. Durante l’esilio si era dedicato a scrivere, non solo lettere, ma opere in aggiunta a quelle composte in gioventù: sulla vita monastica, sulla compunzione, sul sacerdozio, la vedovanza e la verginità, sull’educazione dei figli, sulla Provvidenza di Dio. Per non parlare dei sermoni, delle omelie anche apologetiche, delle catechesi mistagogiche; un complesso che fa di lui, tra i Padri greci, quello che ha lasciato l’eredità letteraria di più vaste proporzioni.