Liturgia del giorno:
At 10,25-26.34-35.44-48; Sal 97 (98); 1Gv 4,7-10; Gv 15,9-17
Nato a Sne, nell’Alto Egitto, nel 287 da genitori pagani, sui vent’anni fu reclutato forzatamente nell’armata imperiale e a Tebe incontrò per la prima volta dei cristiani che, verso sera, erano venuti a portare dei viveri ai soldati chiusi nella caserma. Commosso da questo gesto di bontà, Pacomio chiese loro chi fossero e quelli risposero che erano degli uomini che «portavano il nome di Cristo e facevano del bene a tutti». Allora egli pregò il loro Dio promettendo di servire la sua volontà per tutti i giorni della propria vita e di amare tutti gli uomini. Congedato, dopo essere stato catechizzato nel villaggio cristiano di Seneset, ricevette il battesimo, dedicandosi poi al servizio della gente del luogo, soprattutto a causa di un’epidemia che vi era scoppiata. Successivamente decise di farsi monaco associandosi ad un vecchio anacoreta di nome Palamone. Vi rimase circa sette anni e un giorno, mentre si era ritirato a pregare nel deserto di Tabennesi, sentì una voce dal cielo che gli diceva: «Pacomio, installati qui e costruisci una casa perché una folla di uomini verrà qui per unirsi a te e fare questa vita». Infatti, dopo qualche tempo fu raggiunto dal fratello Giovanni e da numerosi contadini copti che egli educò alla vita comune, realizzando con loro una comunità a immagine di quella dei primi cristiani di Gerusalemme, come un vero e proprio villaggio, nelle cui case i confratelli erano suddivisi a seconda del lavoro che svolgevano. La formula ebbe successo e il santo dovette organizzare, uno dopo l’altro, ben otto monasteri: non a caso egli è considerato il fondatore della vita cenobitica in Egitto. Molti vescovi, tra cui il grande Atanasio patriarca di Alessandria, dimostrarono stima e interesse per le comunità di Pacomio. La morte colse il santo il 9 maggio del 347 durante un’epidemia di peste che mieté vittime anche tra i suoi confratelli. Al ritorno dalla montagna dove era stato sepolto, i fratelli dicevano: «Oggi siamo veramente diventati orfani».