Liturgia del giorno:
2 Cor 3,4-11; Sal 98 (99); Mt 5,17-19
Un dottore della Chiesa rimasto per tutta la vita semplice diacono costituisce una rarità. S. Efrem nacque a Nisibi (in Mesopotamia) verso l’anno 306, e dal vescovo Giacomo ricevette educazione e istruzione adeguate. Consacrato diacono, esercitò il ministero insegnando, predicando e scrivendo, rivolgendosi più al popolo che alla classe colta. Lottò con vigore contro l’eresia ariana e non si esclude che abbia accompagnato il suo vescovo al Concilio di Nicea nel 325. Secondo una tradizione, quando si rivolsero a lui per farlo vescovo di Nisibi, egli si finse pazzo, continuando però nel suo ministero con grande zelo apostolico. Nel 367, quando i Persiani invasero la sua città, Efrem si rifugiò a Edessa dove, collaborando con il vescovo Narsete, contribuì alla fondazione della celebre Scuola dei Persi. Il suo stile di vita monastica consisteva nel vivere in perfetta castità, nel digiuno, nella mortificazione e nelle veglie di preghiera, associandovi però una intensa azione apostolica al servizio della comunità cristiana. Nel 372, in occasione di una grave carestia che imperversò in tutta la regione, egli fu incaricato come diacono dei soccorsi nella città. Morì un anno dopo, il 9 giugno. La copiosa produzione letteraria del santo, vissuto nell’estremità orientale dell’impero romano, non risente se non marginalmente delle controversie trinitarie dell’epoca: egli appare piuttosto come trasmettitore della dottrina cristiana più antica. Gli è stato giustamente attribuito l’appellativo di “cetra dello Spirito Santo” per le sue prediche e i suoi scritti che hanno a volte la risonanza di poemi parlati, con una loro cadenza ritmica che li rende attraenti e soprattutto più facili da ricordare. Efrem è stato anche chiamato “Poeta della Vergine” per i molti inni da lui composti in onore di Maria, che vengono cantati ancora oggi nella Chiesa caldea. Nel 1920 Benedetto XV lo ha dichiarato Dottore della Chiesa, estendendone la festa alla Chiesa universale.