Abbazia di Montevergine. Maria, madre delle fragilità
Secondo la devozione popolare la Madonna di Montevergine è la Mamma celeste dei napoletani. Un affetto, quello dei partenopei, che ha radici lontane e che è valso alla Vergine venerata nell’abbazia in provincia di Avellino gli appellativi di “Mamma Schiavona” e “Mamma Bruna”. L’icona della Madonna, che ha raccolto lacrime, dolore e speranze di migliaia di pellegrini, è infatti un grande ex voto, un dono della famiglia reale, gli Angiò di Napoli, alla comunità di monaci. Nel tempo i napoletani hanno cominciato a rivolgersi alla Madonna di Montevergine chiamandola “Mamma Schiavona” e “Mamma Bruna”, perché il dipinto mostra la Vergine con un incarnato scuro, tanto simile a quello dei mori (servi di origine nord-africana), così vicino alla semplicità del popolo, che ha percepito Maria quasi come una schiava, una donna tra la gente, una mamma in grado di comprendere le fragilità delle persone semplici.
UNA CLINICA DELLO SPIRITO
Anche oggi la Madonna di Montevergine è particolarmente amata: quasi 2 milioni di pellegrini dalla Campania, dal Lazio e dalla Calabria, oltre a numerose comunità di cittadini dello Sri Lanka provenienti dal Napoletano, ogni anno giungono sul monte Partenio. E questa venerazione si è ulteriormente rinvigorita durante il Giubileo della misericordia; l’abbazia di Montevergine è, infatti, una delle Porte sante della Campania.
Racconta a Credere l’abate, padre Riccardo Guariglia: «Il Giubileo ha suscitato nelle persone il risveglio della coscienza: è ciò che notiamo noi confessori e questo è un dato molto positivo. Il santuario di Montevergine è una clinica dello spirito. Spesso nelle parrocchie c’è difficoltà a esprimere il sentimento della riconciliazione, mentre nei santuari le persone arrivano proprio con questo specifico obiettivo. I pellegrini chiedono di attraversare la Porta santa, subito dopo di ricevere il sacramento della Confessione e di prendere parte all’Eucaristia. Il pellegrinaggio in questo luogo diventa un cammino di conversione sotto lo sguardo della Madonna, che è la principale artefice della riconciliazione degli uomini con Dio. I pellegrini che giungono al santuario a piedi spesso ci chiedono di essere accompagnati da un monaco lungo il tragitto per un supporto nella preghiera e per la recita del santo Rosario. Nel cuore delle persone tutto l’amore è rivolto a “Mamma Schiavona”. Ai piedi della Madonna di Montevergine vengono deposte fotografie e lettere con richieste di grazie. Le persone si arrampicano fino ai piedi della Madonna raffigurata nel grande dipinto custodito nella basilica, superando l’altezza dell’altare con l’aiuto di un piccolo sgabello».
Chiediamo a padre Riccardo quali sono le principali richieste dei pellegrini: «In questa società confusionaria e dell’apparire, i pellegrini continuano a chiedere a Maria salute, unione familiare, fede smarrita. Sono tantissime le mamme che vengono qui per pregare per la salute dei propri figli o che piangono per i divorzi e si affidano a Maria, che è la regina della famiglia. In quest’anno del Giubileo abbiamo riscontrato un profondo bisogno di fede e di un incontro autentico con Dio da parte delle persone, che chiedono la Confessione».
Il giorno della Candelora c’è poi la tradizione della processione dei cosiddetti “femminielli”, ovvero delle persone omosessuali che considerano la Madonna di Montevergine loro patrona. Si tratta di un evento che attira una forte curiosità mediatica ma che in realtà conta poche persone, tra i quali volti noti dello spettacolo e della politica. Invece nel corso dell’anno, come riferisce il padre abate, c’è una presenza senza clamore di numerosi fedeli omosessuali che giungono nel santuario con un profondo bisogno di incontrare Dio.
IL SANTO FONDATORE
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L’origine ufficiale del santuario risale alla consacrazione della prima chiesa nel 1126. Tuttavia l’ascesa di san Guglielmo da Vercelli al monte è di qualche anno prima. Guglielmo era intenzionato a raggiungere Gerusalemme; a Taranto fu assalito da banditi, che, delusi per il magro bottino, lo ridussero in fin di vita. Egli vide in quell’evento un segno della divina provvidenza. Voltate definitivamente le spalle al mare, il nobile pellegrino cominciò a percorrere l’Italia meridionale alla ricerca di un luogo opportuno per la sua nuova vita eremitica. Fu così che nel 1118 giunse ai piedi del monte Partenio, in Irpinia. Subito la sua fama e le sue virtù portarono sul monte discepoli desiderosi di servire Dio sotto il suo magistero.
LE DUE BASILICHE
La parte più recente dell’abbazia è la basilica-cattedrale, aperta al culto nel 1961, e costruita in sobrio stile neoromanico. Accanto, si trova la basilica antica, più raccolta, con il cuore del santuario, la cappella della Madonna di Montevergine, che custodisce l’immagine di “Mamma Schiavona”, qui riportata nel 2012 dopo che per 50 anni era stata esposta nella nuova basilica.
Da visitare sono, inoltre, la sala degli ex voto e la mostra del presepe nel mondo. Il santuario ospita anche un museo con dipinti del barocco napoletano, icone orientali, reperti lignei e marmorei, oltre a paramenti sacri e oggetti di carattere liturgico. Tra i quadri spicca San Francesco in estasi, attribuito a Guido Reni. Un tesoro cresciuto nei secoli grazie alla generosità dei vari sovrani succedutisi nel tempo, prodighi di regalie al santuario, che dopo il concordato tra Santa Sede e Borboni nel 1818, oltre a conservare la sua legale esistenza, fu dichiarato monumento nazionale proprio in ragione delle opere d’arte custodite.
DURANTE LA GUERRA QUI FU CUSTODITA LA SACRA SINDONE
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Durante la Seconda guerra mondiale a Montevergine è stata custodita la Sacra Sindone. Dal 1939 al 1946
il Sacro Lino è stato conservato sotto l’altare ligneo che si trovava nella clausura dell’abbazia e che poi è stato spostato in chiesa. I Savoia, allora proprietari della Sindone, pensarono di affidarla al Vaticano per proteggerla in tempo di guerra; il Vaticano individuò nel santuario di Montenegrine il luogo più sicuro per custodire il telo. Fuori Torino, Montevergine è l’unico luogo di ostensione della Sindone. Tale avvenimento eccezionale si è verificato nel 1946, al termine della guerra e solo per i monaci.
ORGANIZZARE LA VISITA
Il santuario di Montevergine sorge nel massiccio montuoso del Partenio a circa 1.270 metri sul livello del mare. Si raggiunge sia tramite strada statale con bel paesaggio, sia tramite funicolare da Mercogliano al santuario. Chi viaggia in treno può raggiungere Avellino con le Ferrovie dello Stato, proseguire con la filovia fino a Mercogliano; prendere quindi la funicolare. Da Napoli Centrale con le autolinee della Regione Campania. In auto: prendere l’autostrada Napoli-Bari, uscire ad Avellino Ovest, immettersi sulla Nazionale per Montevergine; a Ospedaletto d’Alpinolo imboccare la strada statale per Montevergine.
ORARI E CELEBRAZIONI
Il santuario è aperto da maggio a ottobre dalle 7.30 alle 19.30 (ore 20 nei giorni festivi) e da novembre ad aprile 7.30-17. (festivo 18.30).
Messe festive a settembre e ottobre: 7, 8, 9.30, 11, 12.30, 16 (cappella della Madonna), 17, 18.
Per informazioni: 0825/72.924 dalle ore 8 alle 17 info@santuariodimontevergine.com.