«Non c’è alcun dubbio: tra le cose belle che possono capitare andando in là con gli anni è il diventare nonno», raccontava qualche tempo fa Bruno Pizzul, storica voce delle telecronache sportive della Rai, nell’intervista a un mensile milanese. «È sciocco dire che si vuole più bene ai nipotini che agli stessi figli: sono slanci affettivi diversi. In genere i figli, benedizione del cielo, arrivano quando si è appena sposati, c’è da abituarsi a una nuova convivenza, magari bisogna fare i conti con una sistemazione professionale non ben definita, interviene l’ansia di essere inadeguati al ruolo impegnativo di genitori. Con i nipotini la faccenda è del tutto diversa: verso di loro i nonni, senza troppi stimoli distraenti di carattere esistenziale, possono riversare un affetto puro, anche perché l’educazione spetta ai genitori con una conseguente deresponsabilizzazione implicita».
Quando è nato il quarto nipote, Liliana aveva già passato i settant’anni ed era da poco rimasta vedova. Il piccolino, fin dall’inizio aveva rivelato un bel “caratterino”, capace di mettere a durissima prova la pazienza di mamma e papà; spesso il gioco “si faceva duro” con la sorella maggiore, secondo le tipiche dinamiche di gelosia dei bambini. Ma la nonna non si scomponeva mai: sapeva prenderlo sempre per il verso giusto; aveva il “potere” di tranquillizzarlo, di coccolarlo nel modo più adeguato, di proporgli i giochi più adatti e così riusciva in men che non si dica a riportare pace tra le pareti domestiche. Quando capitava di trascorre insieme un periodo di vacanza, il sostegno era reciproco: la nonna aveva compagnia e i due genitori trovavano un aiuto concreto nella gestione dei due fratellini.
A questa particolarissima dote che porta in serbo l’anzianità è dedicato il libro di Andrea Pagnini, Nonno Francesco che ripercorre l’esperienza e le parole di papa Bergoglio sulla “ricchezza dell’età” come recita il sottotitolo. «Più volte in questi anni», ricorda l’autore, «lo abbiamo sentito citare e parlare commosso, come del più grande amore della sua vita, di nonna Rosa: parla della sua nonna come di un faro luminoso che ha illuminato il suo cammino, che lo ha portato a capire che volere bene a Gesù è sempre la strada migliore. Basta così poco per dare gioia a un bambino», conclude Pagnini, giornalista e blogger, che vive e lavora a Pesaro, «i nonni lo sanno, perché hanno nel cuore quel senso di protezione che i bambini, con la loro sensibilità, avvertono subito».
Ma c’è molto più di un semplice “dare e avere”, in termini di affetto, di cure e di sostegno economico, nella relazione tra le due generazioni. «L’anzianità è una vocazione», disse papa Francesco nel celebre discorso ai nonni dell’11 marzo 2015. «Non è ancora il momento di “tirare i remi in barca”». E ancora, cita sempre Pagnini nel suo libro: «Ai nonni, che hanno ricevuto la benedizione di vedere i figli dei figli, disse Bergoglio il 28 settembre 2014, è affidato un compito grande: trasmettere l’esperienza della vita, la storia di una famiglia, di una comunità, di un popolo; condividere con semplicità una saggezza e la stessa fede: l’eredità più preziosa! Beate quelle famiglie che hanno i nonni vicini»!
Effettivamente, sempre più spesso i genitori “pensionati” sono il decisivo supporto per le giovani famiglie. Simone e Paola, 71 e 63 anni, da quando lui ha chiuso con l’azienda, sono diventati nonni a tempo pieno. Due nipotine arrivate a un paio d’anni di distanza da accompagnare all’asilo e poi a scuola, in piscina o al catechismo; per non parlare dei giorni di malattia, in cui il supporto logistico diventa decisivo per poter andare a lavorare. Le bimbe sono di casa dai nonni e hanno imparato a rispettare oggetti e spazi; i nonni, che pur lamentano la fatica di questo impegno, lasciano trapelare la gioia per l’affetto e l’allegria che le piccole riversano nelle loro vite. Lo testimoniano foto, filmini e racconti che mostrano orgogliosi a parenti e amici. E quando la sera riconsegnano le figlie ai genitori c’è sempre qualche aneddoto da riferire e qualche buon consiglio da suggerire. Con il giusto distacco, naturalmente, per non produrre l’effetto contrario ed esautorare i giovani del loro ruolo educativo.
«Come mamma mi sentivo molto più responsabile in tutto, nella crescita, nell’educazione, nelle scelte sempre condivise con mio marito. Come nonna mi sento meno coinvolta in queste responsabilità, so che c’è un genitore che prende le decisioni e quindi proprio per questo ho vissuto con più tranquillità il crescere dei nipotini e sto godendomi l’essere nonna», racconta Enrica, che è diventata nonna per la prima volta a 49 anni.
Anche quando l’aiuto concreto nell’accudimento dei nipoti non è stato possibile, perché c’erano altri figli in casa o si lavorava ancora, la “testimonianza” dei nonni è come un fiume sotterraneo, che prima o poi viene a galla. Gianni è mancato da poco, a 86 anni, dopo una lunga malattia. Nelle ultime settimane i suoi nove nipoti si sono trovati spesso a ricordare episodi, caratteristiche del nonno, insegnamenti ricevuti da lui. E il giorno del commiato, in una commovente lettera hanno raccontato: «Ti vogliamo ricordare sempre come una persona grande, come l’amore che ci hai dato, come lo spazio che hai sempre lasciato aperto per tante persone. Ti vogliamo ringraziare per l’esempio di persona straordinaria che ci lasci. Per essere sempre un punto fisso e forte di riferimento. Per le feste e l’allegria. Per averci insegnato l’importanza del lavoro e dell’impegno. Per averci dato dei genitori fantastici e averci fatto crescere in una bellissima famiglia».
Una caratteristica, quella della testimonianza dei valori più importanti della vita, trasmessi alle nuove generazioni, su cui Pagnini insiste molto: «I nonni hanno da sempre un rapporto speciale con i loro nipoti, perché hanno un legame unico, d’amore e d’affetto che nessuno potrà mai spezzare. I nipoti sono il battito del loro cuore, il loro respiro e la loro immensa gioia. I nonni sono estremamente felici quando vedono un loro nipote realizzato nella vita».
Un’intensità speciale che trova conferma nei ricordi del Papa: «Le parole che la mia nonna mi consegnò per iscritto il giorno della mia ordinazione sacerdotale, le porto ancora con me, nel breviario e le leggo spesso e mi fa bene».
Ci sono cose che un nipote accetta di sentirsi dire solo dai nonni. E tra queste, una parte importante riguarda la dimensione spirituale e la trasmissione della fede. «Tra i valori che ho in fondo al cuore e che vorrei trasmettere ai miei nipoti», dice ancora nonna Enrica, «sicuramente c’è la fede. Poi tanti sono i sentimenti che vorrei fossero radicati nel loro cuore: l’amore, la riconoscenza, la tolleranza, ma soprattutto il senso della famiglia. La famiglia è il bene prezioso che mia mamma e mio papà mi hanno trasmesso con l’esempio della loro vita. È quello che anch’io con mio marito cerco di trasmettere ai nostri figli. Vorrei che la nostra famiglia, anche ora che tutti sono fuori casa e hanno una vita autonoma, fosse considerata sempre un rifugio dove poter tornare in qualsiasi momento e trovare sempre una porta aperta, la nostra accoglienza, il nostro amore, un aiuto».