Padova: In preghiera dall’apostolo del confessionale
C’è un convento a Padova, appena defilato dal centro, non distante dalla basilica di Sant’Antonio, dove nello scorso secolo l’operato silenzioso di un piccolo-grande frate, che qui ha vissuto per oltre trent’anni, ha realizzato veri prodigi spirituali. Questo religioso cappuccino di origine dalmata, di statura fisica infima, ma «gigante della carità», come lo definì il cardinal Comastri, «faro di misericordia che ha fatto sentire ai peccatori l’abbraccio di Dio e la gioia del perdono» è san Leopoldo Mandic, il frate che fece del confessionale la propria originale via alla santità e luogo di manifestazione della misericordia divina. E il santuario è quello dei Cappuccini a lui dedicato, che sorge dentro le mura della città, in zona Santa Croce.
«FEDE! FEDE! ABBI FEDE!»
La presenza dei Cappuccini a Padova risale a quasi cinque secoli fa. La prima comunità, infatti, arrivò nella città del Santo nel 1537. Nell’attuale convento dal 1554. Da allora, salvo i brevi periodi delle “soppressioni” nell’Ottocento, vi sono rimasti fino ai nostri giorni. Gli edifici attuali risalgono alle ristrutturazioni del 1930. Le parti bombardate nel 1944, tra cui la chiesa, sono state ricostruite sulla stesso perimetro.
Qui tutto parla di san Leopoldo, fin dal piazzale antistante il sagrato che accoglie i fedeli con una sua statua in pietra bianca del Cansiglio sulla quale è scolpito l’invito che il frate cappuccino rivolgeva a ogni penitente: «Fede! Fede! Abbi fede!». Il Giubileo permetterà l’esposizione delle sue reliquie alla venerazione dei fedeli prima a Roma e poi, dal 17 febbraio al 20 novembre, nel santuario padovano.
MIGLIAIA DI DEVOTI
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Un tumore all’esofago portò in cielo padre Leopoldo il mattino del 30 luglio 1942, all’età di 76 anni, dopo un malore che lo colse mentre si stava vestendo per la Messa. La sera precedente, nonostante i tormenti della malattia, aveva continuato a confessare fino a ora tarda.
«Fin da subito la sua tomba, prima posta nel cimitero di Padova poi portata al convento, divenne luogo di pellegrinaggio da parte dei padovani, ma non solo», racconta padre Flaviano Gusella, rettore del santuario. «I fedeli penitenti di Padova, ma anche moltissimi croati e dalmati che lo avevano conosciuto in vita continuarono a venire a omaggiare la figura di quest’uomo dalla straordinaria misericordia e bontà». E in breve la fama di padre Leopoldo, “l’apostolo del confessionale”, si diffuse ben oltre i confini della città. Anche oggi migliaia di pellegrini ogni anno giungono al santuario per chiedere intercessione al santo o per ricevere il sacramento della Penitenza. «Come se il dialogo e l’amicizia sorti nell’umile celletta dove il confessore riceveva i fedeli continui in altro modo anche adesso», osserva padre Floriano.
SALOTTINO DELLA CORTESIA
Proprio questo angusto e disadorno vano, freddissimo d’inverno e afoso d’estate, è la prima irrinunciabile tappa del percorso spirituale che i Cappuccini propongono al pellegrino. Vi si entra per uno stretto varco. All’interno di quello che fu definito il “salottino della cortesia”, per l’empatia e l’umanità con cui il santo accoglieva i penitenti, stanno ancora l’inginocchiatoio, la poltroncina e una minuscola stufetta di terracotta. Su un leggio poggia un album dove chi entra può lasciare un pensiero. «Abbiamo raccolto dal 1945 oltre cinquecento volumi, un vero scrigno di devozione e fede. I più grandi miracoli spirituali sono avvenuti tra queste quattro mura, durante le confessioni», esclama il rettore.
Il confessionale, come ricorda la lapide collocata all’ingresso, si salvò miracolosamente dal bombardamento aereo del 14 maggio 1944 assieme alla statua della Madonna nella sua nicchia, che oggi è posta nella chiesa del convento e che stava sull’altare presso il quale padre Leopoldo celebrava la Messa ogni mattina. Due eventi straordinari che furono profetizzati da Mandic.
CHIESE RICONCILIATE
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Non distante c’è la nicchia dentro la quale si conserva, in un reliquiario, la mano destra del santo, ossuta e sofferente per l’artrosi. Quella che innumerevoli volte s’è alzata per dare l’assoluzione dai peccati ai fedeli inginocchiati. Lì vicino il cammino fa tappa davanti alla statuetta della Vergine, che in dialetto padre Leopoldo chiamava «Parona benedeta», opera donata al santo nel 1914.
Si giunge quindi alla tomba del frate cappuccino. Il corpo è stato di recente oggetto di ricognizione: conservatosi perfettamente, sembra si sia mummificato naturalmente. Si passa nella vicina sala dove sono conservati alcuni effetti personali di padre Leopoldo, dall’ultimo saio usato in vita alle posate con cui mangiava. Non sono molti, in realtà, perché lo stile francescano prevedeva l’essenziale e perché le vicende della guerra ne hanno dispersi molti altri. Vi sono però dei dipinti che ricordano, assieme all’abilità di confessore, l’altra passione del piccolo frate dalmata, anzi il suo “sogno” ricorrente: rivedere l’amata Chiesa ortodossa ricongiungersi con la Chiesa cattolica. «Una santa ossessione», dice padre Gusella, «che lo portò, precorrendo i tempi, a diventare profeta dell’“ecumenismo spirituale”». Nel nome della misericordia.
ORGANIZZARE LA VISITA
Il santuario di San Leopoldo Mandic si trova a Padova, in piazzale Santa Croce 44, ed è facilmente raggiungibile in auto (20 minuti dal casello di Padova ovest), o in autobus e tram (15 minuti dalla stazione ferroviaria).
Sito: www.leopoldomandic.it.
Per prenotare i pellegrinaggi:
tel. 049/88.02.727.
ORARI E CELEBRAZIONI
La chiesa della Trasfigurazione è aperta dalle 6 alle 12 e dalle 15 alle 19 (anche per le confessioni). La visita al convento (cappella della tomba e confessionale) dalle 8 (festivo dalle 7) alle 12
e dalle 15 alle 19. Ogni 12
del mese, da ottobre ad aprile,
si svolge un «cammino di preghiera con san Leopoldo».
GIUBILEO
Quello di san Leopoldo è santuario giubilare. La Porta santa sarà aperta dal vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla, il 17 febbraio alle ore 21
e resterà aperta fino al 20 novembre. Per tutto il periodo
ci sarà l’ostensione delle spoglie
del frate confessore.
OLTRE A QUELLA DEL SANTUARIO
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Oltre a quella del santuario di San Leopoldo, sono 35 le Porte della misericordia aperte in Veneto per il Giubileo. Innanzitutto le cattedrali e concattedrali delle nove diocesi: Venezia; Adria-Rovigo; Belluno-Feltre; Chioggia; Padova; Treviso; Verona; Vicenza e Vittorio Veneto. Tra le cattedrali,
la più nota è certamente la basilica patriarcale di San Marco a Venezia. Porte giubilari, aperte anche in importanti chiese e santuari molto amati dai fedeli, sono poi quelle della basilica
di Sant’Antonio a Padova, del santuario di Monte Berico a Vicenza, della Pieve
di Chiampo (Vi) con la nota riproduzione della grotta di Lourdes e dell’abbazia di Santa Maria a Folina (Treviso). La diocesi di Padova e il patriarcato di Venezia hanno aperto Porte sante anche nelle carceri: a Santa Maria Maggiore e alla Giudecca (casa circondariale femminile)
di Venezia, e ai Due palazzi di Padova. Nella regione Veneto si trovano infine quattro Porte giubilari della diocesi friulana di Pordenone-Concordia, il cui territorio interessa anche parte della provincia di Venezia.
DI RITORNO DA LOURDES
Accanto alla tomba di san Leopoldo è ospitato un calesse a ricordo di un episodio che coinvolse il frate nel luglio del 1934. Di ritorno da un pellegrinaggio a Lourdes salì sulla carrozza che ospitava un sacerdote, il proprietario del mezzo e un ragazzo. All’improvviso si trovarono davanti
il tram che procedeva verso di loro. Il santo, chiudendo gli occhi, si mise a pregare la Madonna. Senza schiantarsi addosso al tram la carrozza andò oltre, come se la strada miracolosamente
si fosse allargata.