Troppi divieti per i divorziati
Caro don Guido,
mi può spiegare, in modo semplice, perché si discute tanto della Comunione ai divorziati che hanno una nuova relazione? In fondo si tratta di un nuovo amore che supera il precedente. Grazie per la sua risposta.
ELISA ROBOTTI, PESCARA
Gentile signora Elisa,
sia l’esortazione apostolica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II, sia l’esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia, di papa Francesco si occupano di questo delicato tema. Lei mi chiede sostanzialmente perché i divorziati risposati o che comunque abbiano una nuova relazione debbano andare incontro a divieti nell’accesso ai sacramenti. Lei adopera il verbo “superare” per indicare il nuovo rapporto. Bene, in presenza di un matrimonio canonicamente valido il nuovo che “supera” la “vecchia” unione non è da considerarsi autentico o riconosciuto. Ciò è ribadito in vari punti del magistero in modo irrefutabile. Cito, ad esempio, la dichiarazione della Congregazione della dottrina della fede, firmata dall’allora prefetto, Cardinale Ratzinger, e approvata da Giovanni Paolo II, del 14 settembre 1994, dove, al n.6, leggiamo: «Il fedele che convive abitualmente more uxorio (come marito e moglie) con una persona che non è la legittima moglie o il legittimo marito, non può accedere alla Comunione eucaristica. Qualora egli lo giudicasse possibile, i pastori e i confessori, date la gravità della materia e le esigenze del bene spirituale della persona e del bene comune della Chiesa, hanno il grave dovere di ammonirlo che tale giudizio di coscienza è in aperto contrasto con la dottrina della Chiesa. Ciò non significa che la Chiesa non abbia a cuore la situazione di questi fedeli, che, del resto, non sono affatto esclusi dalla comunione ecclesiale».