Articolo
11 gennaio 2017
«Ciò che colpisce in questa vicenda», spiega lo psichiatra, «sono due cose: l’incapacità di reggere la frustrazione da parte di una generazione abituata sempre e soltanto ai sì e che al primo no perde la trebisonda. E il ruolo dell’amico che partecipa al massacro di persone che neanche conosceva e che probabilmente non aveva motivo per uccidere. È spaventoso, siamo al deserto educativo totale»