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martedì 08 aprile 2025
 
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Il Papa: «Debellare la piaga dell'antisemitismo»

26/01/2025  Francesco ricorda gli 80 anni dall'olocausto e invita ad ascoltare, nella trasmissione Che tempo che fa, la poetessa Edith Bruck. L'orrore dello sterminio, dice, non si può dimenticare né negare

«Lo sterminio non può essere Né dimenticato, né negato». Papa Francesco fa un forte appello, all’Angelus, perché «tutti collaborino a debellare la piaga dell’antisemitismo insieme a ogni forma di discriminazione e persecuzione religiosa» partendo dall’«orrore «l’orrore dello sterminio di milioni di persone ebree e di altre fedi avvenuto» 80 anni fa. Ricorda la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, le vittime dell’olocausto, e invita tutti ad ascoltare la poetessa Edith Bruck, ospite questa sera del programma Che tempo che fa. Invita tutti a «costruire insieme un mondo più fraterno e più giusto educando i giovani ad avere un cuore aperto a tutti nella logica della fraternità, del perdono e della pace».

Il Pontefice è preoccupato anche del conflitto in corso in Sudan, iniziato nel 2023, e che sta causando morte e sofferenza. Chiede che «cessino le ostilità e che accettino di sedere a un tavolo di negoziati». Esorta «la comunità internazionale a fare tutto il possibile per far arrivare gli aiuti umanitari necessari agli sfollati e ad aiutare i belligeranti a trovare presto strade per la pace».

Ma l’apprensione del Papa è anche per la Colombia, dove «scontri tra gruppi armati hanno provocato tante vittime e più di 30 mila sfollati. Esprimo la mia vicinanza a loro e prego».

Poi ricorda la Giornata mondiale dei malati di lebbra incoraggiando «quanti operano in favore dei colpiti da questa malattia, aiutando chi guarisce a reinserirsi nella società, non siano emarginati».

In un quadro pieno di criticità, e ricordando che i giornalisti e gli operatori della comunicazione «hanno celebrato in questi giorni il loro giubileo» li esorta «a essere sempre narratori di speranza».

Infine chiede alla piazza di «ascoltare questi bravi che vogliono dirci qualche cosa», rivolgendosi ai ragazzi dell’Acr di Roma che, con lui, si sono affacciati alla finestra al termine della Carovana della pace. E che ricordano che «non si può passare la porta santa da soli». Sottolineano che «sarebbe bello che i grandi della Terra passassero la porta santa mano nella mano pensando a tutti i bambini vittime delle violenze, soli o malati, segnati dalla guerra». Pensando anche «alle lacrime di tante mamme, papà, nonni e nonne, così riuscirebbero a far stare zitte le armi». Passaggio, «far stare zitte le armi», che il Papa fa ripetere.

Prima aveva spiegato il Vangelo del giorno ricordando che, quando Gesù, nella sinagoga di Nazareth, il paese dove era cresciuto, legge il passo del profeta Isaia che annuncia la missione evangelizzatrice e liberatrice del Messia e poi, nel silenzio generale, dice: «Oggi questa Scrittura si è realizzata», nessuno gli crede. I suoi concittadini che lo conoscono molto bene e che quindi dovevano essere i primi ad aprire la mente, proprio da questa vicinanza, vengono bloccati. Accade così anche a noi, quando pensiamo di conoscere Gesù e di non aver bisogno di indagare oltre. «Gesù proclama che, con la sua presenza, è giunto “l’anno di grazia del Signore”. È il lieto annuncio per tutti e in modo speciale per i poveri, per i prigionieri, per i ciechi, per gli oppressi. Così dice il Vangelo». Ma «i nazaretani non riuscirono a riconoscere in Gesù il consacrato del Signore. Pensavano di conoscerlo troppo bene e questo, invece di facilitare l’apertura della loro mente e del loro cuore, li bloccava, come un velo che oscura la luce». E così anche a noi «può capitarci, come allora ai suoi compaesani, di pensare che noi lo conosciamo già, che di Lui sappiamo già tutto, siamo cresciuti con Lui, a scuola, in parrocchia, al catechismo, in un Paese di cultura cattolica... E così anche per noi Egli è una Persona vicina, anzi “troppo” vicina». Dobbiamo chiederci:  «Avvertiamo l’autorità unica con cui parla Gesù di Nazaret? Riconosciamo che Lui è il portatore di un annuncio di salvezza che nessun altro può darci? E io, mi sento bisognoso di questa salvezza? Sento che anch’io, in qualche modo, sono povero, prigioniero, cieco, oppresso? Allora, solo allora, “l’anno di grazia” sarà anche per me!».

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