Si è spento a 87 anni, nella sua casa di Milano, il grande maestro dell'alta cucina italiana Gualtiero Marchesi. Colto e appassionato di tutte le arti e in particolare della pittura e della musica, a cui si è inspirato anche nel creare i suoi piatti, lui ha innalzato la gastronomia italiana dalle semplici tradizioni famigliari e regionali ai massimi livelli internazionali. Primo a ottenere le tre stelle Michelin e quindi a rifiutarle, per sentirsi più libero tra i fornelli. Tra i suoi allievi, in passato hanno lavorato con lui tanti chef di grido e stellati, come Carlo Cracco, Davide Oldani, Enrico Crippa, Ernst Knam, Pietro Leeman, Daniel Canzian.
Già presentato a maggio al Festival di Cannes, tra poche settimane uscirà sul grande schermo un film dedicato a lui: "Gualtiero Marchesi The Great Italian", che lo vede protagonista e racconta, in un viaggio durato quasi due anni e partito dall'Italia per arrivare in Francia e in Giappone, il suo percorso, i suoi piatti (celebre il risotto allo zafferano con la foglia d'oro), oltre alle tante persone che ha incontrato nella sua carriera.
Quest'estate Marchesi è riuscito anche a realizzare il sogno di fondare una casa di riposo per cuochi: nascerà a Varese, per iniziativa della Fondazione che porta il suo nome.
Gualtiero Marchesi aveva scritto: "Se è vero che il futuro dipende da ognuno di noi, allora il futuro è già. L’unico modo per intravederne le mosse è di fare un passo indietro. Nel caso della cucina, un passo indietro fino alle radici dei nostri sapori. Guardarsi in casa, ricordare, perché un presente senza memoria è pericoloso. Chi ricorda sa e allora può attualizzare un piatto, renderlo moderno senza tradirne lo spirito.Non sopporto chi ingolfa le ricette con una quantità inverosimile di ingredienti, possibilmente molto cari. È chiaro che, rispetto ai bisogni e ai gusti di cinquant’anni fa, andiamo verso una maggiore semplicità da cui dipende l’attrazione dei giovani verso le cucine orientali. Naturalmente, c’è anche il rovescio della medaglia, quando si scivola dalla semplicità all’omologazione. Per questo mi interessa conoscere cosa mangiano i giovanissimi, ripartendo da lì, da una diversità spesso negata. Non esiste, a mio giudizio, una cucina alta o bassa, ma una cucina che, a qualsiasi livello, si divide salomonicamente in cucina buono o cattiva".