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Occupata una piattaforma: azione di Greenpeace contro il decreto “sblocca trivelle” del Governo.
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Occupata una piattaforma: azione di Greenpeace contro il decreto “sblocca trivelle” del Governo.
Greenpeace: «Basta trivelle nel mare di Sicilia»
Si sono svegliati all’alba per arrampicarsi sopra una piattaforma di estrazione di idrocarburi nel Canale di Sicilia. Una decina di attivisti di Greenpeace – italiani, tedeschi, austriaci, svizzeri - protestano in maniera pacifica e non violenta, dopo aver aperto uno striscione di 120 metri quadri su cui è raffigurato il presidente del Consiglio Matteo Renzi che promette “Più trivelle per tutti”, accompagnato dalla richiesta di Greenpeace “Stop fossil, go renewable”.

Altri attivisti si trovano su una zattera di salvataggio gonfiabile che hanno ancorato alla piattaforma e poco distante veglia la nave simbolo dell’associazione, la Rainbow Warrior, in tour nel Mediterraneo per promuovere fonti rinnovabili ed efficienza energetica, consegnando al passato le fonti fossili.

Venerdì 17 ottobre è previsto l’arrivo della nave a Siracusa, dove saliranno a bordo i parlamentari siciliani per un incontro sul tema delle trivellazioni. L’azione di Greenpeace è rivolta, infatti, contro il decreto “Sblocca Italia” (Dl 133/2014), che promuove una deregulation selvaggia delle attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi a mare e rischia di tradursi secondo gli ambientalisti in un vero e proprio “Sblocca trivelle”.

Al momento dell’azione non vi è stata nessuna reazione da parte della piattaforma, contattata via radio dalla Rainbow Warrior di Greenpeace. Anche il presidente del Consiglio tace. Il governo sembra voler dare il via libera allo sfruttamento delle scarse riserve di petrolio presenti sotto i nostri fondali. Greenpeace parla di valutazioni del ministero dello Sviluppo economico secondo le quali ci sarebbero nei nostri fondali marini circa 10 milioni di tonnellate di petrolio di riserve certe: stando ai consumi attuali, coprirebbero il fabbisogno nazionale per appena 8 settimane.

«Siamo entrati in azione per contrastare una politica “fossile” sballata, in controtendenza con ogni ragionevole scenario energetico e opposta a ogni strategia di valorizzazione delle vere risorse dell’Italia: il mare, il paesaggio, la biodiversità. Renzi è sulla strada sbagliata, e fin quando la percorrerà troverà sempre la forte opposizione di Greenpeace», dice Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima dell’associazione. «La deregulation che il governo nazionale sta promuovendo riguardo l’estrazione di idrocarburi in mare è in contrasto con due direttive europee e rischia di esporre l’Italia a costose procedure d’infrazione. Non è disponibile alcuna stima di come queste attività impatterebbero negativamente su altri settori, tra cui il turismo e la pesca sostenibile. Soprattutto questa prospettiva economica è insensata da un punto di vista energetico, creerebbe ben poca occupazione, scarsissimo gettito fiscale e sarebbe in aperto conflitto con gli impegni presi dallo stesso presidente del Consiglio per de-carbonizzare presto la nostra economia».

Non distante dal luogo dove si svolge l’azione, Eni vorrebbe realizzare una nuova piattaforma, due pozzi esplorativi, sei di produzione e i relativi oleodotti. Alcuni di questi pozzi sarebbero a sole 11-12 miglia nautiche dalla costa. Questo progetto, denominato “Offshore Ibleo”, ha già ricevuto una Valutazione d’Impatto Ambientale (Via) positiva.

Contro questo provvedimento, Greenpeace e una larga coalizione di associazioni  e 5 amministrazioni locali interessate dal progetto, ha promosso un ricorso presso il Tar del Lazio. La Via, infatti,  secondo Greenpeace (www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/rapporti/Offshore-IBLEO/), sarebbe fortemente lacunosa e approssimativa.

Felice D'Agostini

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