La vita ritrovata negli occhi di Aisha
14/10/2016«La nostra missione in Giordania per aiutare i bambini siriani malati di cuore, scappati dalla guerra e rifugiati nel Regno Hascemita, inizia da Aisha, la prima bambina che abbiamo incontrato e che con i suoi occhi dolci ci ha dato il migliore dei benvenuti al Gardens Hospital di Amman». Con queste parole, il dottor Marco Di Terlizzi, vicepresidente di Bambini Cardiopatici nel Mondo e team leader della missione operatoria in Giordania, descrive le sensazioni provate nella prima missione nel Paese mediorientale dell’associazione fondata dal professor Alessandro Frigiola (Irccs Policlinico San Donato), che da oltre 20 anni opera per dare una speranza di vita a migliaia di piccoli affetti da cardiopatie congenite nei Paesi in via di sviluppo.
-
Aisha, la bambina siriana che ha accolto il team di medici volontari.
-
-
Il professor Frigiola insieme a una piccola paziente prima dell'operazione.
-
Il team effettua le visite cardiologiche pre-operatorie.
-
-
L'intensivista Mathias insieme a Ofran.
-
Mathias si prende cura della piccola Ofran subito dopo l'intervento, accanto i genitori della bambina.
-
I genitori di Ofran accudiscono la piccola subito dopo l'intervento.
Tra i tanti Paesi “visitati” fin dal 1993 dall’associazione Bambini Cardiopatici nel Mondo, la Giordania mancava ancora all’appello. Fino al 6 ottobre, quando un’equipe medica internazionale formata da medici italiani, siriani, tedeschi e rumeni è finalmente atterrata ad Amman per operare in una settimana una ventina di bambini affetti da gravi cardiopatie e avviare i primi percorsi di formazione per medici e infermieri locali, come già successo tante altre volte in Paesi come il Senegal, Marocco, Kurdistan, Egitto, Camerun, solo per citarne alcuni.
«Oggi in Giordania», aggiunge Di Terlizzi, «si contano più di 600 mila siriani sfollati, su un totale di 4 milioni 600 mila da stime ufficiali. Un altro milione non ufficiale vive qui, su una popolazione di 9 milioni di abitanti. La situazione generale del Paese è apparentemente calma ma nei campi profughi la tensione è latente: solo nel campo di Al Zaatari sono rifugiati 80.000 siriani».
Anche per questo l’Onu e l’Unione Europea si muovono per aiutare Re Abdullah di Giordania ad affrontare questo esodo infinito. Bambini Cardiopatici nel Mondo è stata scelta come partner della Ong francese “Chaine de l’Espoire” in un progetto finalizzato e sponsorizzato da Echo (Direzione Generale per gli aiuti umanitari dell’UE) per effettuare la prima missione a "cuore aperto" e operare le vittime di una doppia sciagura, vale a dire chi, oltre a vivere il dramma di essere fuggito già da piccolo dal proprio Paese, soffre anche di una grave patologia cardiaca congenita.
Il 7 ottobre, il team medico e infermieristico ha effettuato le prime visite ad Amman e le prime diagnosi di interventistica programmate per i giorni successivi. «Purtroppo», continua Di Terlizzi, «non è mai facile scegliere chi operare per primo, ma è necessario. Il criterio si basa sull’urgenza di quei bambini che, se non curati subito, non avrebbero la possibilità di vivere a lungo dopo il nostro passaggio, a causa di una situazione sanitaria locale molto difficile e complessa».
Fin dal loro arrivo, i medici hanno trovato ad aspettarli in ospedale decine di famiglie siriane che per una tragica fatalità sono altresì costrette a rifugiarsi in un Paese straniero, senza una casa, senza un lavoro, senza amicizie e in più con un figlio gravemente cardiopatico al seguito.
«Quanti interrogativi ci siamo posti di fronte a quelle mani protese per ringraziarci e a quegli occhi che comunque non sono rassegnati, a quei sorrisi che ci vengono regalati nonostante l'incombenza di un delicato intervento chirurgico e i segni sulla pelle e nell’anima di un passato recentissimo vissuto tragicamente», spiega il vicepresidente dell’associazione.
Le emozioni di tutti i medici e gli infermieri coinvolti sono ancora più forti se si pensa che a operare i piccoli rifugiati siriani, oltre al professor Frigiola, sono proprio due cardiochirurghi siriani, Tammam Youseff e Bassham Al Haret: il primo, da sempre al seguito della onlus e divenuto ormai cittadino italiano, il secondo impegnato a combattere tutti i giorni nel Cardiac Center di Damasco, realizzato proprio grazie all’attività svolta negli anni da Bambini Cardiopatici nel Mondo e alle donazioni di tantissimi amici e partner. Anche per loro è la prima volta in Giordania, ma a differenza degli altri, possono vantare un altro onorevole primato: sono i primi medici siriani ad avere avuto il visto per poter svolgere il proprio lavoro ad Amman.
«Ofran», conclude Di Terlizzi, «è fuggita con la sua famiglia dal terrore e dalla distruzione di Homs. A soli due anni è scampata agli attacchi spietati e, rifugiatasi in Giordania, è stata salvata da Tammam e da Bassham, che le hanno risolto un grave difetto atrio-ventricolare. Un ricongiungimento alla vita dopo chissà quante sofferenze e un piccolo miracolo che ha commosso tutto il nostro team. Per quei giochi strani del destino anche Bassham è nativo di Homs. L’abbraccio tra lui e la famiglia di Ofran è stato un momento in cui tutti coloro che stavano intorno a loro si sono fermati per celebrare. Un inno alla vita ritrovata».
La missione di Bambini Cardiopatici nel Mondo si è conclusa il 14 ottobre, lasciandosi dietro qualche decina di vite salvate, qualche speranza in più e l’avvio di progetti di formazione avanzata per medici e infermieri locali, che possa garantire continuità di cura per i bambini operati in missione e speranza di vita per tutti gli altri.