Nel corso del rito sono state lette preghiere incentrate sulle vittime e sulla necessità di evitare che in futuro possano ripetersi tragedie simili. «Signore Gesù - è stato detto in una delle preghiere - è facile portare il crocifisso al collo o appenderlo come ornamento sulle pareti delle nostre belle cattedrali o delle nostre case. Ma non è altrettanto facile incontrare e riconoscere i nuovi crocifissi di oggi: i senza fissa dimora, i giovani senza speranza, senza lavoro e senza prospettive, gli immigrati costretti a fare viaggi inauditi e a vivere nella precarietà ai margini della nostra società, dopo avere affrontato sofferenze inenarrabili. Purtroppo, questi viaggi senza sicurezza infrangono i sogni e le speranze di migliaia di donne e uomini emarginati, sfruttati, dimenticati, perseguitati e abbandonati da tutti. Bisogna impegnarsi tutti perché tragedie simili non accadano mai più».
Nelle preghiere si sono ricordati «i naufraghi morti, i dispersi ma anche i sopravvissuti del naufragio. Tutti vittime - è stato detto - delle nostre chiusure, dei poteri e delle legislazioni, della cecità e dell'egoismo, ma soprattutto del nostro cuore indurito dall'indifferenza. Una malattia di cui anche noi cristiani soffriamo».
Oltre al vescovo di Crotone, Angelo Raffaele Panzetta, hanno partecipato al rito anche i vescovi di Cosenza e di Lamezia Terme, Giovanni Cecchinato e Serafino Parisi.
«Se accogliamo veramente Gesù», ha detto l’arcivescovo Panzetta, «dobbiamo lasciarci cambiare il cuore e non permettere alla paura di farci diventare persone dal cuore gelido. Se siamo cristiani non possiamo non essere accoglienti, dobbiamo essere accoglienti, dobbiamo avere il cuore aperto come Gesù e quindi non vogliamo un’Europa col filo spinato, un’Europa nella quale è difficile trovare accoglienza. I poveri sono la carne di Gesù, quelli che hanno perso la vita in questo mare sono la carne di Gesù. E pertanto, proprio guardando questo mare, dobbiamo batterci il petto tutti, nessuno escluso. Perché abbiamo la responsabilità di generare intorno a noi un clima di accoglienza, fraternità, amicizia», afferma Panzetta. «Chiediamo al Signore questo dono di conversione: vogliamo essere comunità ospitali – prosegue -. È nel Dna della nostra gente, del nostro territorio di avere il cuore spalancato. Non permettiamo alla paura di renderci comunità dal cuore gelido, atterrite di fronte alla diversità. Noi vogliamo una convivialità delle differenze».
La preghiera dell’Eterno riposo recitato in coro ha concluso la Via Crucis. Al microfono l’imam ha ringrazitoa tutti per il sostegno mostrato alla comunità islamica. Insieme a un sacerdote ha preso una corona di fiori bianchi e l'ha gettata in mare. La memoria torna a Lampedusa, dieci anni fa, quando papa Francesco fece lo stesso gesto simbolico per onorare la memoria dei morti seppelliti nelle acque del Mediterraneo.