È patrono delle Guardie Svizzere pontificie e di mendicanti, albergatori,
cavalieri. È venerato dalla Chiesa Cattolica e anche da quelle ortodossa
e copta. È uno dei fondatori del monachesimo
in Occidente e uno dei primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa. Ma ciò
che ha reso famoso San Martino di Tours, in Francia, è l'episodio del mantello.
Deriva da questo l’espressione “estate di San Martino” perché secondo la
tradizione, appunto, il Santo nel vedere un mendicante seminudo patire il
freddo durante un acquazzone, gli donò metà del suo mantello; poco dopo
incontrò un altro mendicante e gli regalò l'altra metà del mantello: subito
dopo, il cielo si schiarì e la temperatura si fece più mite. L’Estate di san
Martino indica un eventuale periodo autunnale in
cui, dopo le prime gelate,
si verificano condizioni climatiche di bel tempo e relativo tepore. Nell'emisfero
australe il fenomeno si osserva in tardo aprile - inizio maggio, mentre
nell'emisfero boreale a inizio novembre.
El Greco, San Martino e il mendicante
La biografia: dalle armi alla vocazione
Nasce in Pannonia, oggi in Ungheria, a Sabaria da pagani. Viene istruito
sulla dottrina cristiana ma non viene battezzato. Figlio di un ufficiale dell'esercito
romano, si arruola a sua volta, giovanissimo, nella cavalleria imperiale,
prestando poi servizio in Gallia. Lasciato l'esercito nel 356, già battezzato
forse ad Amiens, raggiunge a Poitiers il vescovo Ilario che lo ordina esorcista
(un passo verso il sacerdozio). Dopo alcuni viaggi Martino torna in Gallia,
dove viene ordinato prete da Ilario. Nel 361 fonda a Ligugé una comunità di
asceti, che è considerata il primo monastero databile in Europa. All’età di 18
anni, quando donò metà del suo mantello al povero di Amiens, la notte seguente,
Cristo gli apparve rivestito di quello stesso mantello: fu allora che decise di
farsi battezzare. Terminato il periodo obbligatorio di servizio militare, a 25
anni lasciò l’esercito e si recò a Poitiers dal Vescovo Ilario.
Una scelta fatta non a caso: Martino scelse di andare da un Vescovo antiariano,
organizzatore straordinario dell’opposizione all’eresia che entrò e rimase
nella Chiesa dal IV (iniziò in Egitto) al VII secolo (gli ultimi residui
rimasero fra i germani cristiani). Il Vescovo di Poitiers, colpito da una condanna
all’esilio per aver osato opporsi alla politica arianista dell’imperatore
Costanzo II, dovette stabilirsi in Asia, mentre Martino raggiunse le regioni
centrali dell’Illirico per convertire la madre al cristianesimo, ma fu esposto
ai duri maltrattamenti che i vescovi della regione, acquistati all’Arianesimo,
gli inflissero.
Ritornò in Italia e organizzò un eremo a Milano, dove fu presto allontanato dal
Vescovo Aussenzio, anch’egli eretico. Non appena apprese il ritorno di Ilario
dall’esilio, nel 360 si diresse nuovamente a Poitiers, dove il Vescovo gli
diede l’approvazione per realizzare la sua vocazione e ritirarsi in un eremo a
8 chilometri dalla città, a Ligugé. Alcuni seguaci lo raggiunsero, formando
così, sotto la sua direzione, la prima comunità monastica attestata in Francia.
Qui trascorse 15 anni, approfondendo la Sacra Scrittura, facendo apostolato
nelle campagne e seminando miracoli al suo passare. «Colui che tutti già
reputavano santo fu così anche reputato uomo potente e veramente degno degli Apostoli»,
scrisse Sulpicio Severo (360 ca.- 420 ca.) nella biografia a lui dedicata.
Vescovo a furor di popolo
Contro la sua volontà gli elettori riuniti a Tours, clero e fedeli, lo
eleggono Vescovo nel 371. Martino assolve le funzioni episcopali con autorità e
prestigio, senza però abbandonare le scelte monacali. Va a vivere in un eremo
solitario, a tre chilometri dalla città. In questo ritiro, dove è ben presto
raggiunto da numerosi seguaci, crea un monastero, Marmoutier, di cui è Abate e
in cui impone a se stesso e ai fratelli una regola di povertà, di
mortificazione e di preghiera. Qui fiorisce la sua eccezionale vita spirituale,
nell’umile capanna in mezzo al bosco, che funge da cella e dove, respingendo le
apparizioni diaboliche, conversa familiarmente con i santi e con gli angeli.
Se da un lato rifiuta il lusso e l’apparato di un dignitario della Chiesa,
dall’altra Martino non trascura le funzioni episcopali. A Tours, dove si reca
per celebrare l’officio divino nella cattedrale, respinge le visite di
carattere mondano. Intanto si occupa dei prigionieri, dei condannati a morte;
dei malati e dei morti, che guarisce e resuscita. Al suo intervento anche i
fenomeni naturali gli obbediscono. Per san Martino, amico stretto dei poveri,
la povertà non è un’ideologia, ma una realtà da vivere nel soccorso e nel voto.
Marmoutier, al termine del suo episcopato, conta 80 monaci, quasi tutti
provenienti dall’aristocrazia senatoria, che si erano piegati all’umiltà e alla
mortificazione.
San Martino morì l’8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin, dove si era recato per
mettere pace fra il clero locale. Ai suoi funerali, che si celebrarono l’11
novembre, assistettero migliaia di monaci e monache. I nobili san Paolino
(355-431) e Sulpicio Severo, suoi discepoli, vendettero i loro beni per i
poveri: il primo si ritirò a Nola, dove divenne Vescovo, il secondo si consacrò
alla preghiera.
Simone Martini, San Martino in meditazione
La grande devozione popolare in Francia e in Europa
Martino è uno fra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa e
divenne il santo francese per eccellenza, modello per i cristiani amanti della
perfezione. Il suo culto si estese in tutta Europa e l’11 novembre (sua festa
liturgica) ricorda il giorno della sua sepoltura. L’«apostolo delle Gallie»,
patrono dei sovrani di Francia, fu enormemente venerato dal popolo: in lui si
associavano la generosità del cavaliere, la rinunzia ascetica e l’attività
missionaria. Quasi 500 paesi (Saint-Martin, Martigny…) e quasi 4000 parrocchie
in territorio francese portano il suo nome.
I re merovingi e poi carolingi custodivano nel loro oratorio privato il
mantello di san Martino, chiamato cappella. Tale reliquia accompagnava i
combattenti in guerra e in tempo di pace, sulla «cappa» di san Martino, si
prestavano i giuramenti più solenni. Il termine cappella, usato dapprima per
designare l’oratorio reale, sarà poi applicato a tutti gli oratori del mondo.
Perché si festeggia l'11 novembre?
San Martino morì l'8 novembre ma la data della sua sepoltura è l’11. Questa
data è diventata una festa straordinaria in tutto l'Occidente, grazie alla sua
popolare fama di santità e al numero notevole di cristiani che portavano il
nome di Martino. Nel Concilio di Mâcon era stato deciso che sarebbe
stata una festa non lavorativa.
Dal vino novello alla fine dei contratti agricoli stagionali, le tradizioni in Italia
In molte regioni d'Italia l'11 novembre è simbolicamente associato alla
maturazione del vino nuovo (da qui il proverbio "A San Martino ogni
mosto diventa vino") ed è un'occasione di ritrovo e festeggiamenti nei
quali si brinda, appunto, stappando il vino appena maturato e accompagnato da
castagne o caldarroste. Sebbene non sia praticata una celebrazione religiosa a
tutti gli effetti (salvo nei paesi dove san Martino è protettore), la festa di San
Martino risulta comunque particolarmente sentita dalla popolazione locale.
Nel nord Italia, specialmente nelle aree agricole, fino a non molti anni fa
tutti i contratti (di lavoro ma anche di affitto, mezzadria, ecc) avevano
inizio (e fine) l'11 novembre, data scelta in quanto i lavori nei campi erano
già terminati senza però che fosse già arrivato l'inverno. Per questo, scaduti
i contratti, chi aveva una casa in uso la doveva lasciare libera proprio l'11
novembre e non era inusuale, in quei giorni, imbattersi in carri strapieni di
ogni masserizia che si spostavano da un podere all'altro, facendo "San
Martino", nome popolare, proprio per questo motivo, del trasloco. Ancora
oggi in molti dialetti e modi di dire del nord "fare
San Martino" mantiene il significato di traslocare.