Mentre
in tutto il Salvador si aspetta la notizia della beatificazione di monsignor
Óscar Arnulfo Romero, l'arcivescovo assassinato sull’altare il 24 marzo 1980, è scoppiata una polemica attorno ai
protagonisti di quegli anni. Norman Quijano, il sindaco della capitale, San Salvadro, ha deciso di intitolare una via al maggiore Roberto d’Aubuisson, il
mandante dell’esecuzione di monsignor Romero. La scorsa settimana, l’attuale arcivescovo di San
Salvador, monsignor José Luis Escobar Alas, ha convocato i giornalisti e ha
chiesto al primo cittadino di fare marcia indietro: «Non ci fa piacere
la notizia, Dio voglia che la riconsiderino e restituiscano alla strada il nome
che aveva». E ha aggiunto: «Noi come Chiesa,
parte offesa nel caso di monsignor Romero, dei gesuiti e degli altri laici e
religiosi assassinati, non siamo d’accordo e credo che in tanti non ci
sentiremo bene».
La via prescelta d'altronde ha già un nome, e anche di tutto
rispetto: è la calle Sant’Antonio Abate,
l’eremita egiziano considerato il fondatore del monachesimo e primo degli
abati. Il
sindaco Quijano, che è stato anche candidato, sconfitto, alle presidenziali di
quest’anno, non è nuovo all’idea di una strada per d’Aubuisson, fondatore di
Arena, il partito di destra in cui milita lui stesso. Inizialmente aveva pensato
ad un’altra arteria, idea poi accantonata forse perché avrebbe incrociato –
scherzi della toponomastica – l’Avenida
intitolata proprio a monsignor Romero.
Per la nuova strada, invece, c’è già la
data dell’inaugurazione: il 19 febbraio prossimo, cioè poco più di un mese
prima del trentacinquesimo anniversario della morte di Romero, che, secondo la
stampa salvadoregna, potrebbe essere la data dell’annuncio della tanto attesa beatificazione.
Sicuramente avverrà entro l’anno: «Nella riunione del 4 novembre scorso – ha
detto il gesuita Jon Sobrino dell’Università Centramericana (Uca) –
l’arcivescovo Alas ha detto che, durante il suo soggiorno a Roma, papa
Francesco gli ha comunicato che monsignor Romero sarà beatificato entro il
prossimo anno».
Chi era il maggiore d’Aubuisson? Per la Commissione per la Verità del 1993,
colui che «diede l’ordine di assassinare l’arcivescovo» e fece eseguire
l’omicidio dai gruppi paramilitari ai suoi comandi. Basti pensare che
successivamente l’amministrazione Reagan, non certo ostile al regime militare
allora al potere in Salvador, gli negò l’ingresso negli Usa, rifacendosi a un
passaggio della legge sull’immigrazione che lo vieta per «chi appoggia
esecuzioni extragiudiziarie». Prima come membro dell’esercito, e dal 1979
clandestinamente, organizzò l’azione repressiva degli “squadroni della morte”,
coordinando le sue azioni con l’oligarchia al potere e gli ambienti della
destra militare rimasta nelle istituzioni.
Mentre cresceva la violenza nel
Paese, d’Aubuisson aveva preso l’abitudine di minacciare in televisione persone
che poi venivano effettivamente assassinate. Agli inizi del febbraio 1980, lesse
una lista di duecento persone, a suo dire "!infettate dal comunismo e compromesse
con la guerriglia". Tra queste Romero, del quale disse che «ancora era in tempo
per correggersi». Era una chiara minaccia di morte, a cui l’arcivescovo rispose
con audacia: «Vogliamo segnalare l’intervento del Sig. D’Aubuisson per quanto
c’è di menzogna e disinformazione». La sua voce venne trasmessa, come
d’abitudine, da Radio Ysax, oggetto di attentato agli impianti tecnici il 18
febbraio e temporaneamente sostituita da una stazione costaricana.
Il 9 marzo
ci un primo attentato all’arcivescovo, settantadue candelotti di dinamite nella
Basilica del Sagrado Corazón che, se il timer non fosse stato difettoso,
sarebbero esplosi durante la Messa celebrata in suffragio di Mario Zamora,
dirigente democristiano incluso nella lista di d’Aubuisson e da poco
assassinato. Romero sapeva cosa rischiava. «Spero soltanto – disse
all’ambasciatore statunitense Robert White – che quando mi uccidono, non
uccidano molti di noi». Rifiutò di avere più protezione della gente che
soffriva inerme per le incursioni sanguinose degli squadroni della morte: «Sarebbe
una controtestimonianza pastorale se io potessi muovermi sicuro, mentre il mio
popolo vive nel pericolo”. Da tempo ripeteva che “un pastore non se ne va, deve
restare sino alla fine con i suoi». Meno di due mesi dopo la minaccia in
televisione, durante la Messa del 24 marzo, mentre prendeva il corporale con
cui iniziare l’offertorio, gli spararono dal fondo della chiesa e morì poco
dopo. Nel frattempo, il maggiore d’Aubuisson fondò il partito Arena e nel 1983
fu eletto presidente dell’Assemblea Costituente.