La tendenza a prolungare i mandati di governo il più possibile; la manipolazione delle consorelle, spesso provenienti da altri Paesi, e pertanto totalmente dipendenti dalla Congregazione per il proprio sostentamento; la «punizione» dell’abbandono per chi decide di lasciare la Congregazione: la Civiltà cattolica denuncia gli abusi all’interno delle Congregazioni femminili
Questo tema, scrive padre Giovanni Cucci, gesuita e psicologo, nel prossimo numero del quindicinale pubblicato con l’imprimatur della Segreteria di Stato vaticana, «non ha avuto finora sufficiente attenzione», e «la grande attenzione giustamente riservata agli abusi compiuti nei confronti di minori non deve impedire di dedicare adeguata cura a queste situazioni, anche se non riceveranno il medesimo clamore mediatico».
Quelle congregazioni di suore dove l'ubbidienza diventa sopruso
Eppure «si tratta di situazioni purtroppo note e diffuse, al punto da essere state pubblicamente menzionate in sede di dicastero pontificio», sottolinea padre Cucci, che ricorda come in un’intervista rilasciata alla rivista all’inserto femminile dell’Osservatore Romano, «Donna, Chiesa, Mondo», il cardinale Joao Braz de Aviz, pefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica, si era espresso già tempo fa con chiarezza: «Abbiamo avuto casi, non molti per fortuna, di superiore generali che una volta elette non hanno più ceduto il loro posto. Hanno aggirato tutte le regole. Una ha voluto persino cambiare le costituzioni per poter restare superiora generale fino alla morte. E nelle comunità ci sono religiose che tendono a ubbidire ciecamente, senza dire ciò che pensano. Tante volte si ha paura, nel caso delle donne ancora di più, si ha paura della superiora». Se i casi di abuso sessuale, che pure esistono, sono però molto limitati in questi casi, il porporato brasiliano rivelava in quell’occasione che il problema delle religiose che, abbandonato il monastero e l’abito, finivano per strada, è diventato così grave che papa Francesco ha deciso di costruire una casa per coloro che, soprattutto straniere, non hanno un posto dove andare.
Il meccanismo psicologico descritto da padre Cucci è chiaro: «La spinta in avanti e una certa incoscienza tipica di chi è all’inizio del cammino a volte si saldano tristemente con l’abilità di alcune superiore, capaci di individuare anime generose, ma anche vulnerabili alle manipolazioni. Lentamente la fedeltà al carisma diventa fedeltà nei confronti dei gusti e delle preferenze di una particolare persona, che decide arbitrariamente chi possa o no usufruire delle possibilità formative o di studio, considerate una forma di premio assegnato alle più fedeli e docili, a scapito invece di chi esprime un pensiero differente. Da qui forme di ricatto per conseguire una gestione del potere senza limiti».
Il racconto del gesuita è impreziosito da alcuni esempi realmente accaduti che gettano una luce inquietante sulla vicenda: «In una Congregazione (attualmente in fase di commissariamento) la medesima suora è stata consigliera generale per 12 anni, successivamente superiora generale per 18 anni, ed è riuscita a farsi eleggere di nuovo vicaria generale, «pilotando» il capitolo, per poter continuare a governare di fatto negli anni successivi», scrive padre Cucci. «In un altro Istituto la superiora, senza consultare nessuno, si è portata la mamma nella comunità delle suore fino alla morte, permettendole anche di condividere gli spazi comunitari per circa vent’anni. Ogni estate abbandonava la comunità per portarsi la mamma in vacanza».
Anche la gestione patrimoniale di un Istituto come proprietà personale «è un altro tasto doloroso di alcune Congregazioni femminili, dove la complicità fra la superiora generale e l’economa (anch’essa di fatto a vita, nonostante i limiti dell’età) finisce per consentire il controllo completo dei beni». E ancora, «essere superiora sembra garantire altri privilegi esclusivi, come usufruire delle migliori cure mediche, mentre chi è una semplice suora non può neppure andare dall’oculista o dal dentista, perché “si deve risparmiare”. Gli esempi riguardano purtroppo ogni aspetto della vita ordinaria: dall’abbigliamento alla possibilità di fare vacanza, avere una giornata di riposo o, più semplicemente, poter uscire per una passeggiata, tutto deve passare dalla decisione (o dal capriccio) della medesima persona. Se si chiede un indumento pesante, si deve attendere la deliberazione del Consiglio, o la richiesta viene rifiutata «per motivi di povertà». Alla fine alcune suore si sono rivolte ai familiari. Diventa perciò ancora più triste per loro venire a sapere che l’armadio della superiora è pieno di indumenti acquistati senza consultare nessuno con i soldi della comunità, mentre altre hanno a malapena un ricambio». Per alcune suore, scrive il gesuita, «questa è la realtà quotidiana: una realtà che per lo più non possono far conoscere, perché non sanno a chi rivolgersi, o per paura di ritorsioni».
Alla fine, alcune lasciano, «ma anche il tempo dell’abbandono della vita religiosa, già di per sé difficile e doloroso, reca con sé ulteriori sofferenze, per lo più sconosciute a chi appartiene a Congregazioni maschili». Altre rimangono «solamente perché non vedono nessun’altra possibilità di vivere diversamente, non conoscono la città, la lingua, non hanno potuto conseguire alcun titolo di studio».
Il tradimento del Concilio Vaticano II, le differenze tra vita religiosa maschile e femminile, il calo delle vocazioni
Padre Cucci precisa una differenza decisiva tra vocazioni maschili e femminili: «Le dinamiche della vita religiosa femminile risultano essere molto diverse da quella maschile sotto vari aspetti. Gli studi e le molte possibilità pastorali di chi ha ricevuto gli Ordini permettono ai religiosi maschi di vivere con maggiore apertura e autonomia anche la vita fraterna e i voti religiosi».
Significativamente, poi, il gesuita psicologo pone l’accento sia sulle possibili radici di questo problema, sia su una implicazione cruciale. Quanto alle radici, «il vento di rinnovamento suscitato dal Concilio Vaticano II e dal magistero successivo non è stato vissuto allo stesso modo nelle varie Congregazioni religiose. Alcune hanno dato vita a una difficile, ma efficace opera di aggiornamento e di riforma; altre, invece, non sono riuscite in tale scopo, o per mancanza di forze, o perché convinte che le consuetudini sinora praticate potessero costituire ancora la modalità ideale di governo».
Gli abusi di potere, poi, possono avere una influenza sul calo di vocazioni, suggerisce la Civiltà cattolica: «Quale idea di vita religiosa viene comunicata da questi casi? Evidentemente che governare è sinonimo di privilegio, a scapito dei più deboli. Questi medesimi Istituti non hanno più vocazioni in Italia da oltre 50 anni. Sarà forse un caso? Certo, le vocazioni sono in calo, ma perché altre terre e altre comunità conoscono invece una continuità anche sotto questo aspetto?».
Padre Cucci nota che «alcune forme di consacrazione che consentono un maggiore spazio di libertà a chi vi appartiene, come l’Ordo Virginum, registrino un crescente numero di adesioni». Di certo, il problema, scrive il gesuita, non si risolve con l’usanza di «importare vocazioni da altri Paesi, impiegando le giovani come “tappabuchi”, invece di garantire loro una migliore formazione. Le nuove arrivate per lo più non hanno possibilità di difendersi, sia per la difficoltà della lingua sia per l’assoluta incapacità a orientarsi al di fuori della casa religiosa dalla quale di solito non possono uscire e che, più che come una comunità, viene vissuta come una prigione».
(Foto in alto: immagine scelta per ragioni simboliche di una suora immersa in un momento di riflessione solitaria in piazza san Pietro - Ansa)