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Don Giulio Neroni, sacerdote paolino scomparso a Roma il 3 ottobre scorso all'età di novant’anni, è stato una figura unica nel panorama della comunicazione e della musica religiosa. Per oltre sessant’anni ha unito la passione per il Vangelo e l’arte dei suoni, trasformando la musica in strumento di evangelizzazione, secondo il carisma del beato Giacomo Alberione.
Romano, semplice e diretto, dotato di ironia e instancabile entusiasmo apostolico, don Neroni è stato animatore, formatore, superiore, ma soprattutto artefice di progetti musicali di respiro internazionale, tra cui Abbà Pater con la voce di san Giovanni Paolo II, Alma Mater con Benedetto XVI e Wake Up! con Papa Francesco. Attraverso queste opere ha fatto risuonare nel mondo la voce dei Papi, rendendo la loro parola preghiera, meditazione e dialogo attraverso la musica.
La sua intuizione più originale è stata quella di portare la Parola nel linguaggio contemporaneo, unendo la profondità del messaggio cristiano con la sensibilità sonora del nostro tempo. Per lui la musica non era semplice ornamento liturgico, ma “spazio di incontro” tra Dio e l’uomo, capace di aprire il cuore anche a chi è lontano dalla fede. Nella musica don Giulio riconosceva un “sacramento di bellezza”, una via per evangelizzare attraverso l’arte e la comunicazione, nella fedeltà creativa al carisma paolino di “portare Cristo con i mezzi di oggi”.
Dopo un lungo periodo nella sede della casa discografica paolina di Albano Laziale, aveva vissuto anche a Milano, dove aveva collaborato con il settore audiovisivi di Multimedia San Paolo, continuando a dare vita a progetti innovativi, collaborando con artisti, tecnici e musicisti in un laboratorio di fede e cultura aperto al mondo.
Negli ultimi anni era tornato ad Albano Laziale, nella Casa don Alberione, sede del noviziato internazionale della Società San Paolo. Lì era una presenza amata e luminosa: vicino ai giovani novizi, che in lui vedevano un testimone felice e appassionato della vocazione paolina, e alle comunità della Famiglia Paolina locale, che accompagnava con la preghiera e la sua inesauribile cordialità.
Chi lo ha conosciuto lo ricorda come un uomo sereno, schietto, pieno di humor e di zelo apostolico. Fino agli ultimi giorni continuava a ideare nuovi progetti, sognando ancora un’opera musicale ispirata al pontificato di Leone XIV. Nella sua vita si è compiuta la sintesi tra fede, arte e comunicazione che don Alberione sognava. Don Giulio lo ha fatto con la forza della musica, che per lui era linguaggio universale di bellezza e annuncio. Oggi, come scriveva lui stesso, “canta il suo Te Deum davanti al sorriso amorevole di Dio”.





