"La mafia è il peccato originale della nostra Italia e occupa i piani alti dello Stato": le parole di Salvatore Borsellino risuonano solenni nel grande salone dell'ex convento dell'Annunciata di Abbiategrasso, cittadina immersa nel Parco del Ticino a 15 km da Milano.
Affreschi, ampie volte, le colonne illuminate del chiostro: il 27 febbraio la sacralità intrinseca del luogo aiuta a soppesare ogni parola pronunciata dai relatori dell'incontro pubblico 'Contro la mafia non stiamo zitti!' organizzato dalla Carovana Antimafia Ovest Milano col patrocinio del Comune e l'adesione di numerose associazioni del territorio.
Ospiti della serata, oltre al fratello del magistrato Paolo ucciso da Cosa Nostra nel 1992, il Gip Giuseppe Gennari, giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, David Gentili, presidente della Commissione consiliare Antimafia e don Virginio Colmegna, della Fondazione Casa della Carità del capoluogo lombardo. Introduce il dibattito, moderato dal giornalista Luciano Scalettari, Gianpiero Sebri della Carovana.
Sebri pronuncia i nomi delle famiglie di 'ndrangheta residenti nel territorio: Barbaro, Papalia, Morabito, Di Grillo, Mancuso, Musitano. I capostipiti arrivarono al Nord, nel magentino e abbiatense, a partire dagli anni '70 con il provvedimento del soggiorno obbligato, i figli e nipoti tutt'oggi riempiono le pagine dei giornali con le notizie dei continui arresti.
E il motivo, come spiegherà ciascun relatore, è sempre lo stesso: racket, usura, traffico di sostanze stupefacenti, riciclaggio di denaro sporco proveniente da illeciti in edilizia e gioco d'azzardo, collusione con la politica e con le pubbliche amministrazioni. Ultimo caso eclatante: Sedriano, primo comune lombardo sciolto per mafia lo scorso ottobre.
Una
piaga per il territorio, quella dell'infiltrazione della criminalità
organizzata di origine calabrese, talmente radicata da aver coinvolto
l'intera società.
David
Gentili cita
l'esempio di Carlo
Antonio Chiriaco,
ex direttore della Asl di Pavia condannato per mafia in primo grado
nel dicembre 2012 all'interno del maxi processo Infinito assieme a
Pino
Neri,
l'avvocato tributarista laureato in giurisprudenza con una tesi sulla
'ndrangheta e arrestato nel 2010 dalla procura di Milano e Reggio
Calabria assieme ad altri trecento affiliati. Due insospettabili, il
direttore sanitario e il legale. Due professionisti al servizio delle
cosche. Celebre il summit svoltosi al circolo
Arci Falcone e Borsellino di Paderno Dugnano.
Al centro della scena Pino Neri, attorno a lui gli esponenti delle
famiglie mafiose trapiantate in Lombardia intente a spartirsi il
potere dopo l'uccisione nel 2008 di compare Carmelo Novella, il
cosiddetto 'boss secessonista'. Le immagini registrate dagli
inquirenti parlano da sole.
Ma
se le immagini che ritraggono i mafiosi all'opera, grazie al lavoro
di magistrati e forze dell'ordine, hanno raggiunto un numero
consistente, a mancare al Nord sono le denunce dei cittadini:
"L'omertà in Lombardia ha raggiunto livelli quasi superiori a
quelli di regioni del sud comunemente considerate mafiose - afferma
il Gip
Gennari, autore
del libro 'Le fondamenta della città' (Mondadori)
- ad esempio in una recente indagine sui venditori ambulanti di
panini, quelli che si mettono a bordo delle strade o subito fuori dai
locali notturni, è emerso che tutti o quasi pagano il pizzo e
pochissimi hanno il coraggio di denunciare".
Salvatore
Borsellino,
costretto a casa da una forte influenza, segue l'intero incontro
tramite collegamento video. Lui il nord lo conosce bene, si è
trasferito qui poco dopo gli studi superiori. Ma conosce molto da
vicino anche la Trattativa
Stato-mafia,
i giochi di potere e le macchinazioni politiche che hanno portato al
rallentamento del processo e all'isolamento a Palermo dal pm
Antonino Di Matteo,
a cui la Carovana ha dedicato la serata.
Al termine del suo
intervento la platea esplode in un applauso sincero e Salvatore
commosso ringrazia: "La
lotta alla criminalità organizzata è affare quotidiano che va oltre
alla mera commemorazione delle stragi: grazie Carovana, e voi tutti
cittadini dovete stare al fianco di queste persone preziose che si
spendono per estinguere il male mafioso".
Un male che nasce anche come devianza giovanile e attrazione ai
facili guadagni, spiega don
Colmegna.
Il prete ama definirsi "un cattolico illegale, perchè se
illegale è dare un piatto caldo a quelli che chiamiamo clandestini,
uomini donne e bambini, allora noi portatori di umanità siamo tutti
clandestini illegali".
Dal pubblico interviene a sorpresa Don
Aniello Manganiello,
in visita al Nord per parlare alle scuole milanesi di ciò che accade
a Napoli e Scampia, terra dilaniata dalla camorra in cui compie la
sua concreta opera di evangelizzazione. La serata è conclusa, l'ex
convento dell'Annunciata colmo di gente pian piano si svuota: i
ragazzi delle scuole seduti per terra, tutte le sedie occupate dagli
adulti che probabilmente
hanno recepito
ancora
di più l'urgenza
al Nord di parlare di mafia.