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Il governo ha inserito nella legge di bilancio 2026 un emendamento che introduce una tassa di 2 euro su ogni pacco spedito in Italia con un valore inferiore ai 150 euro. Ovvero la quasi totalità degli acquisti delle famiglie italiane. La misura, se approvata, entrerà in vigore dal 1° gennaio 2026 e riguarderà sia le spedizioni dall’estero che quelle nazionali, colpendo quindi anche gli acquisti effettuati su piattaforme come Amazon, eBay o piccoli negozi online italiani. Secondo le prime analisi, la nuova imposta non ha uno scopo chiaramente definito se non quello di “racimolare un po’ di soldi” per le casse dello Stato. Il governo stima di recuperare tra i 150 e i 200 milioni di euro l’anno, una cifra che servirà a coprire altre spese previste nella manovra. Tuttavia, la misura solleva perplessità: colpisce soprattutto i piccoli acquisti online, quelli più diffusi tra le famiglie, e si aggiunge a un’iniziativa europea che presto toglierà l’esenzione dai dazi a tutta la merce sotto i 150 euro, con l’obiettivo di disincentivare l’afflusso di beni a basso prezzo, soprattutto dalla Cina.
Chi pagherà il conto?
La tassa, presentata come un “contributo alla copertura delle spese amministrative”, rischia di gravare sulle spalle dei consumatori finali. I corrieri, infatti, potrebbero decidere di addebitare i 2 euro in più direttamente al destinatario del pacco. Questo significa che, a partire dal nuovo anno, ogni piccolo acquisto online potrebbe costare di più, con un impatto diretto sul bilancio familiare, soprattutto in un periodo di inflazione e di difficoltà economiche per molti nuclei.
La scelta del governo ha suscitato critiche trasversali. Alcuni osservatori sottolineano che la misura, presentata come un modo per limitare la concorrenza sleale dei grandi portali di e-commerce stranieri, in realtà colpisce indistintamente tutti i cittadini, senza distinguere tra acquisti nazionali e internazionali. Inoltre, l’estensione della tassa anche ai pacchi italiani sembra una soluzione di comodo per evitare problemi con le normative europee, che vietano ai singoli Stati di introdurre dazi unilaterali.


L’impatto sulle famiglie e sulle piccole imprese
Le associazioni dei consumatori e dei commercianti hanno espresso preoccupazione: la tassa rischia di penalizzare soprattutto le famiglie a basso reddito, che spesso si rivolgono all’e-commerce per risparmiare, e le piccole imprese italiane, che potrebbero vedere ridursi ulteriormente i margini di guadagno. In un contesto economico già difficile, ogni aumento dei costi viene percepito come un ulteriore ostacolo alla ripresa.
Nei prossimi giorni il Parlamento discuterà e voterà la legge di bilancio. Se l’emendamento verrà approvato, la tassa entrerà in vigore già dal 1° gennaio 2026. Nel frattempo, le famiglie italiane si preparano a un nuovo aumento dei costi, mentre le associazioni dei consumatori chiedono maggiore chiarezza sugli obiettivi reali della misura e su chi ne beneficerà realmente.
In un momento in cui molte famiglie fanno fatica ad arrivare a fine mese, ogni nuovo balzello viene percepito come un peso in più. La domanda che molti si pongono è: questa tassa servirà davvero a migliorare l’economia del Paese, o è solo un modo per tamponare le casse dello Stato a spese dei cittadini? Come cristiani, siamo chiamati a riflettere su come le scelte economiche possano promuovere il bene comune, la giustizia sociale e la solidarietà, soprattutto verso chi è più fragile.




