Per anni l’Alta Sabina è stata considerata una terra “ai margini”: servizi insufficienti, giovani in fuga, un declino demografico che sembrava impossibile da arrestare. Uno scenario che riflette una tendenza nazionale ben più ampia: secondo Istat, entro il 2043 l’82% dei comuni italiani registrerà una riduzione degli abitanti, con picchi drammatici nel Mezzogiorno. Solo negli ultimi vent’anni, dalle aree interne sono partiti quasi 330 mila giovani laureati.
Eppure, da questa porzione di alto Lazio arriva una notizia controcorrente: dieci piccoli comuni hanno deciso di unirsi, firmando un patto che vuole trasformare lo spopolamento da destino in sfida collettiva.

A Roma, nello spazio WeGil, i sindaci di Rocca Sinibalda, Belmonte, Colle di Tora, Longone, Marcetelli, Torricella, Monteleone, Poggio Moiano, Poggio San Lorenzo e Varco Sabino – in totale 7.500 abitanti – hanno siglato l’Atlante per il Futuro, il Contratto Energia, Clima e Società 2026-2035. È il primo documento strategico di questo tipo in Italia: una roadmap condivisa che unisce transizione ecologica, innovazione digitale, inclusione sociale e sviluppo territoriale, con un obiettivo chiaro e misurabile: aumentare del 5% la popolazione residente entro il 2035, invertendo un tasso di spopolamento oggi quattordici volte superiore alla media nazionale.

Un piano da 12 milioni di euro che nasce dentro la Green Community dell’Alta Sabina – finanziata dal PNRR nell’ambito delle Green Communities di NextGenerationEU – e che propone un modello replicabile per le aree interne italiane ed europee.
Il Contratto parte da un assunto spesso dimenticato: le aree interne valgono molto più dei loro numeri demografici. In Alta Sabina foreste, acque, suoli e paesaggi generano ogni anno quasi 134 milioni di euro in benefici collettivi: aria e acqua pulite, protezione idrogeologica, assorbimento di CO₂, servizi climatici. Tutelarli richiederebbe appena l’1% di quel valore.
È su questa consapevolezza che la strategia costruisce la propria visione: riconoscere il ruolo dei territori montani come infrastrutture ecologiche essenziali e, al tempo stesso, renderli più attrattivi per chi ci vive o decide di tornarci.

Cinque assi strategici, quindici progetti concreti

Energia e clima.
La Comunità energetica dell’Alta Sabina prevede una rete diffusa di impianti fotovoltaici su edifici pubblici e terreni inutilizzati, oltre a un innovativo impianto di gassificazione a biomassa locale (100 kW elettrici e 146 kW termici) alimentato da filiera corta. L’obiettivo è garantire autonomia energetica, ridurre costi e rafforzare la resilienza in caso di emergenze. A questo si aggiunge una rete intercomunale di ricarica elettrica con colonnine da 22+22 kW.

Acqua e biodiversità.
Il piano comprende otto interventi mirati: nuovi sistemi di fitodepurazione, raccolta delle acque piovane, protezione delle sorgenti, gestione sostenibile dei bacini. La valutazione dei servizi ecosistemici quantifica i benefici climatici e idrici, aprendo la strada a futuri schemi di pagamento dei servizi ecosistemici.

Innovazione digitale e sociale.
Un’unica piattaforma civica integrerà dati ambientali e comunitari: uno strumento che abiliterà smart contract per scambiare tempo e servizi attraverso il token digitale dell’Alta Sabina. Da un passaggio in auto alla cura di un’aiuola, dal supporto agli anziani alla condivisione di erbe officinali: ogni gesto genererà crediti da reinvestire nella comunità, creando un’economia collaborativa monitorata e certificata in blockchain.

Inclusione e partecipazione.
Cuore del progetto è il Patto di Comunità: laboratori, mappature partecipate e programmi di formazione. Undici giovani tutor accompagneranno gli over 65 nell’inclusione digitale, mentre i Green Ambassador, formati in workshop dedicati, diventeranno punti di riferimento per la leadership territoriale.

Agricoltura e territorio.
La filiera della lavanda diventa simbolo di rigenerazione: coltivazioni su terreni marginali recuperati, integrazione con biodiversità e nuova economia locale. A Marcetelli nasce il progetto pilota “Esodi e ritorni”, pensato come modello di ritorno sostenibile nelle aree interne. A Rocca Sinibalda verrà costruito un hub comunitario in legno per attività agricole, formative e sociali.

La visione politica: alleanze tra aree interne e città

“Le Green Community possono creare alleanze vere tra comuni, imprese, scuole e terzo settore”, afferma Marco Bussone, presidente di UNCEM. “Occorre un patto con le città, fondato sul riconoscimento dei servizi ecosistemici. Roma e Rieti, ad esempio, possono stipulare accordi con i territori montani valorizzando assorbimento di CO₂ e gestione idrica. Serve corresponsabilità, non compensazione”.

Per Elena Battaglini, sociologa del territorio e direttrice scientifica della strategia, il cambiamento nasce dalle relazioni: “Contrastare l’esodo demografico non richiede slogan o campagne, ma la costruzione di fiducia e di nuove regole condivise. Abbiamo lavorato per creare spazi di risonanza e rinforzo sociale”.

Il sindaco di Rocca Sinibalda, Stefano Micheli, sottolinea la dimensione politica del progetto: “È uno dei primi contratti territoriali di questo genere in Italia. Abbiamo scelto di farlo per dare forza alla Green Community: una risposta sistemica a due emergenze che si intrecciano, quella climatica e quella demografica”.

Ogni intervento è associato a indicatori specifici (Voluntary Local Review). Una dashboard pubblica consentirà a cittadini, istituzioni e investitori di seguire in tempo reale i progressi del piano, garantendo trasparenza e accountability.

Un modello pilota per l’Italia e l’Europa

L’Atlante per il Futuro non è solo un piano tecnico: è un esperimento sociale e istituzionale che unisce tecnologia, capitale umano e risorse naturali. È un approccio che potrebbe diventare riferimento per altre aree interne italiane ed europee, soprattutto quelle più colpite dalla perdita di popolazione.

La firma del Contratto apre ora una nuova fase: quella in cui la visione dovrà trasformarsi in cambiamento concreto. Un percorso che l’Alta Sabina sceglie di intraprendere non da sola, ma come comunità, convinta che anche i territori più fragili possano tornare a crescere quando decidono di farlo insieme.