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martedì 25 marzo 2025
 
Omicidio Kennedy
 

Clint Hill e l'ultimo istante di Kennedy: il sacrificio dell'agente segnato dal rimorso

01/03/2025  Il 22 novembre 1963, John F. Kennedy fu assassinato a Dallas sotto gli occhi del mondo. Tra i protagonisti di quel tragico giorno, l’agente Clint Hill tentò disperatamente di salvarlo. Un gesto eroico che non bastò e che lo tormentò per tutta la vita

Il 22 novembre 1963 resta una delle date più tragiche e indelebili nella storia degli Stati Uniti. Quel giorno, a Dallas, il presidente John F. Kennedy venne assassinato mentre attraversava in parata le strade della città a bordo di una Lincoln Continental scoperta. Tra le figure chiave di quel momento, spesso dimenticate dal grande pubblico, vi è l'agente del Secret Service Clint Hill, il cui nome torna alla ribalta dopo la sua recente scomparsa all’età di 93 anni, lo scorso 21 febbraio. 

L'immagine di Clint Hill che si lancia sulla limousine presidenziale è una delle più iconiche dell'attentato. Hill, assegnato alla protezione della First Lady Jacqueline Kennedy, sedeva sul predellino posteriore dell'auto di scorta quando udì i colpi di fucile. Reagì immediatamente e si precipitò sul retro della vettura nel tentativo di proteggere il presidente, ormai colpito mortalmente. Il suo intervento, per quanto eroico, fu vano: i proiettili avevano già raggiunto Kennedy alla testa e alla gola. Hill riuscì comunque a salire sulla limousine e a coprire il corpo della First Lady, mentre l'auto accelerava verso il Parkland Memorial Hospital. L'agente rimase al fianco di Jackie Kennedy anche nelle ore successive, diventando uno dei testimoni più diretti del dolore e dello shock che colpirono la nazione in quel tragico giorno.

Clint Hill non si riprese mai da quel giorno. Per decenni si addossò la colpa dell’accaduto, tormentandosi per non essere riuscito a intervenire in tempo. "Se avessi reagito un po' più velocemente, forse avrei potuto… Vivrò con questo pensiero fino alla morte", disse in un’intervista straziante alla CBS nel 1975. Questo senso di colpa lo portò a una profonda crisi personale e professionale, culminata con il suo ritiro anticipato dal Secret Service.

Hill cadde in una lunga depressione e per anni si isolò dal mondo. Solo dopo molti decenni trovò la forza di raccontare la sua esperienza, affrontando il trauma che lo aveva segnato per tutta la vita. Nel corso degli anni, partecipò a diverse interviste e scrisse più libri per offrire il suo punto di vista su quanto accaduto.

L'attentato di Dallas: una tragedia mai del tutto chiarita

L’omicidio di Kennedy scatenò un’imponente indagine ufficiale. Secondo la Commissione Warren, il presidente fu colpito da tre colpi di fucile sparati da Lee Harvey Oswald, appostato al sesto piano del Texas School Book Depository. Tuttavia, molte teorie del complotto hanno messo in discussione questa versione, ipotizzando il coinvolgimento di più tiratori e la possibile esistenza di una cospirazione che coinvolgeva la CIA, la mafia o altre forze oscure.

Uno degli aspetti più dibattuti riguarda il cosiddetto "colpo finale", il quale, secondo alcuni esperti forensi, avrebbe potuto provenire da una direzione diversa da quella indicata ufficialmente. La stessa reazione di Jackie Kennedy, che tentò di raccogliere frammenti di cranio del marito dopo l’impatto del proiettile, è stata interpretata da alcuni come un'indicazione della traiettoria anomala del colpo. Nel corso degli anni sono emersi documenti declassificati e nuove analisi balistiche, ma il dibattito sull’attentato resta aperto. Ancora oggi, il caso Kennedy è tra i più studiati e discussi della storia contemporanea.

Nonostante il suo dolore, Clint Hill decise di raccontare la sua versione dei fatti in diversi libri e interviste. Le sue testimonianze, tra le più credibili sull’attentato, offrono una visione diretta e umana di ciò che accadde in quei tragici istanti. Nei suoi scritti, tra cui Five Days in November e Mrs. Kennedy and Me, Hill ricorda con affetto la famiglia Kennedy e la profonda dedizione con cui cercò di proteggerla. Nel corso degli anni, Hill divenne un punto di riferimento per gli storici che cercavano di comprendere meglio gli eventi di Dallas. La sua versione dei fatti è stata spesso citata per contrastare alcune delle teorie del complotto più estreme. In molte occasioni, Hill ribadì la sua convinzione che Oswald fosse l’unico tiratore, anche se ammise che il caso conteneva ancora molte ombre.

La sua recente scomparsa chiude un capitolo doloroso della storia americana, ma la sua figura resterà per sempre legata a quel drammatico momento. Clint Hill non fu solo un testimone dell’omicidio di John F. Kennedy: fu un uomo che cercò, fino all’ultimo istante, di compiere il suo dovere con coraggio e dedizione assoluti. Il suo lascito è quello di un servitore dello Stato che, nonostante il dolore e il rimorso, dedicò la sua vita alla verità e alla memoria di quel giorno che cambiò per sempre la storia americana.

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