Se la diffusione di questo virus con le sue conseguenze non è un castigo divino, perché tuttavia Dio permette che ci siano così tante vittime o comunque che accadano fatti del genere?
Le cronache ci consegnano due possibili interpretazioni dell’origine del virus. Una quella che alimenta il complottismo, afferma che il virus è stato creato in laboratorio, quindi che sia originato dall’uomo. Un’altra ci dice che invece proviene dalla natura, ovvero che avvenga in quanto nella natura ci sia la possibilità di emergenza di anomalie o bubboni che la compromettono e ne determinano la possibile distruzione. In entrambi i casi Dio sarebbe assolto, anche perché, dobbiamo leggere la sua relazione col male del mondo come ci insegna il Vangelo della IV domenica di Quaresima (Gv 9, 1-41). Nell’orizzonte di quest’ultima spiegazione, il male è connaturato nella dinamica di un universo in divenire.
E, se, come suggerisce Albert Camus, nel suo romanzo La peste, il male è un’astrazione, allora bisognerà astrarsi, ovvero estraniarsi, per vincerlo. È l’astrazione del nostro rimanere a casa, nella distanza dal mondo e dalle relazioni immediate, a costituire la condizione di possibilità per uscire dalla crisi. Ma, il male non è solo “astrazione”. Siamo di fronte a quella che Hegel chiamava “l’immane potenza del negativo”, che rende manifesta la nostra impotenza e tutta la nostra fragilità.
E, riguardo alla dimensione storica dell’origine del male, la domanda degli interlocutori di Gesù e la sua risposta risultano particolarmente significative: «“Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?”. Rispose Gesù: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo”». Gesù sconvolge la teologia del suo tempo, che interpretava ogni forma di sofferenza come conseguenza del peccato. Quindi esclude il paradigma del castigo.
Ogni circostanza ci è data perché si manifesti il mistero del Regno di Dio
Ogni circostanza, anche le più drammatiche, ci sono date perché in esse si manifesti il “mistero del Regno di Dio”. E, se nel caso del cieco nato la guarigione proviene dalla commistione della saliva di Gesù con la polvere della terra, allora la salvezza, la redenzione, la guarigione potranno generarsi dall’incontro fra il divino e l’umano, la grazia e a natura. La saliva di Gesù è il segno del divino, del soprannaturale, che nella sua umanità si esprime, mentre la terra, che si trasforma in fango, viene a dirci che la guarigione sarà prodotta dalla terra, ovvero dal nostro impegno, attraverso l’intelligenza e la scienza (= la ricerca scientifica) e l’esercizio della volontà libera (= il rispetto delle regole e la solidarietà).
Dio certamente non vuole il male, ma lo permette (come diceva J. Maritain), perché in noi e nella nostra storia si manifesti la sua gloria, ovvero la presenza del suo Regno nell’umano. Siamo così interpellati, anche se sconvolti e traumatizzati, perché rinveniamo in noi stessi, nella nostra interiorità, tra le mura della nostra solitudine, le risorse che potranno condurci fuori dal tunnel.